Uno dei rituali che anticipano l’inizio di ogni Festival di Sanremo è l’ascolto delle canzoni in gara. Anche quest’anno un centinaio di giornalisti e critici musicali hanno avuto il privilegio di gustarsi in anteprima le registrazioni dei 24 brani che parteciperanno alla sessantanovesima edizione della rassegna canora. Così tutti i presenti hanno riportato le prime impressioni sui pezzi, pur chiarendo che si tratta di giudizi affrettati e facilmente soggetti a revisioni; inoltre l'appuntamento è stato utile per le prime previsioni sul vincitore.

L’anno scorso era bastata questa occasione perché in molti incoronassero come favoriti gli effettivi trionfatori della kermesse, Ermal Meta e Fabrizio Moro. Non andò ugualmente bene nel 2017, quando tutti si spesero in grandi elogi per Fiorella Mannoia, poi arrivata seconda, sottovalutando completamente Francesco Gabbani ed il suo “Occidentali’s Karma”.

In molti tra i cantanti hanno deciso di sorprendere

Dai primi giudizi sembra che Ultimo abbia ancora molte possibilità di vittoria con la sua “I tuoi particolari”; ma emerge anche come il livello sia più alto del solito, senza canzoni particolarmente brutte, ma con molte sorprese e qualche delusione.

Primo imprevisto, la presenza di Rancore, uno dei più bravi freestyler sulla piazza, che accompagnerà Daniele Bersani in Riviera: la loro “Argento vivo” con un testo molto letterario, racconta di un ragazzo di 16 anni costretto a vivere in una prigione, che poi si scoprirà essere virtuale.

Ma stupisce anche Achille Lauro che abbandona la trap per portare all’Ariston “Rolls Royce”, un pezzo squisitamente rock’n roll, mentre Nino D’Angelo ed il giovane rapper Livio Cori si scambiano i ruoli in “Un’altra luce”; infine, anche l’ottimistica “Mi sento bene” di Arisa sconvolge gli schemi, partendo in un modo per poi improvvisamente cambiare stile.

Gli argomenti di attualità irrompono al festival

Ci sarà molta attualità nei brani presentati in gara: anche quelli più intimisti riflettono i dubbi e le incertezze della nostra epoca. Qualcuno affronta direttamente i problemi, come Motta che parla di migranti nella sua “Dov’è l’Italia”. Altro pezzo politico è sicuramente “I ragazzi stanno bene” dei Negrita: un “comandante” che fa “il gioco sporco” sembra un riferimento a Matteo Salvini, fatto apposta per far scatenare nuove polemiche.

Persino Irama, che – come Nek e Francesco Renga – presenta un pezzo dall’arrangiamento potente, decide di raccontare una storia di abusi in famiglia. Per non parlare di Mahmood che in “Soldi” affronta con una certa durezza il difficile rapporto con un padre con c’è più. Un genitore molto diverso dal punto di riferimento descritto da Paola Turci nella sua “L’ultimo ostacolo”. Naturalmente ci sono brani più intimisti e poetici come quello di Simone Cristicchi, o dalle calde venature soul come “Rose Viola” di Ghemon.

La tradizione a Sanremo

Dai primi giudizi, non sembrano aver colpito particolarmente le leonesse Loredana Bertè e Patty Pravo, in coppia con Briga. Tra i gruppi sembra piacere molto il brano dei Boomdabash, quasi una hit estiva fuori stagione, mentre Shade e Federica Carta mirano chirurgicamente ai più giovani con il loro pop.

Tra i più tradizionalisti spicca Il Volo: a detta di molti i tre ragazzi puntano al podio con un brano molto classico e per nulla apprezzato dai critici, mentre Anna Tatangelo riesce a trovare la giusta misura in “Le nostre anime di notte”. Infine in molti si dicono delusi da Enrico Nigiotti, con un omaggio al “Nonno Hollywood” abbastanza banale, e pure da Einar, che presenta una classica “canzone da Sanremo”.