Una persona carismatica con un carattere difficile, pieno di sfaccettature che potevano portarlo a essere un uomo estremamente rude e anche violento, o un individuo tenero e attento ai bisogni della gente. Keith Flint non è un personaggio facile da raccontare, nemmeno ora che a soli 49 anni si è aggiunto alla tragicamente lunga lista di personaggi del mondo della musica che si sono tolti la vita. Che si sia trattato di suicidio è stato definitivamente chiarito dalla polizia dell’Essex che ha eseguito i primi rilievi nella bellissima tenuta di campagna di Dumnow dove il frontman dei Prodigy viveva con la moglie e molti animali.

La ricostruzione delle ultime ore di Flint è stata effettuata dopo che la polizia ha sentito anche la moglie del performer, la DJ giapponese Mayumi Kai che era tornata in patria dopo la rottura definitiva della loro relazione. Flint aveva chiamato con grande insistenza la moglie pregandola di tornare a casa, poi ha preso il suo cavallo preferito e ha fatto una lunga passeggiata. Nel week-end è andato come sempre in palestra e ha partecipato a una gara di cross country di cinque km. dimostrandosi perfettamente allenato e in buona forma. Aveva cenato in un pub con il suo personal trainer festeggiando il suo personal best durante la corsa.

La vita di Keith Flint: la droga, l’amore

L’ultimo a vederlo vivo è stato proprio il suo allenatore.

Stando a quanto ha stabilito il coroner, Flint non ha passato la notte. È rientrato a casa poco prima della mezzanotte e si è preparato il cappio con cui si è impiccato a una delle travi della vecchissima casa colonica. Niente droga, niente medicine, niente alcol. Un gesto di una freddezza e di una consapevolezza lancinante.

Flint è sempre stato un personaggio ai limiti: l’esordio dei Prodigy con “Firestarter” nella quale ballava come un indemoniato e un taglio di capelli colorato con doppia cresta non poteva passare inosservato. Per non parlare di “Smack my bitch up”, brano violentissimo, censurato per il suo contenuto antifemminile e scurrile.

Flint in quel periodo era devastato dalla droga: “Ho provato tutto – aveva raccontato in diverse interviste – acidi, cocaina, chetamina, exstasy, ma alla fine la cosa migliore è stata smettere”. E quando Flint decise di smettere lo fece sul serio: incontrò la donna della sua vita, una DJ giapponese di qualche anno più giovane di lui che lo sposò andando a vivere poco prima del 2000 in una tenuta del 1600 meravigliosa con parco, scuderie e dozzine di animali. Flint amava i cavalli, ne aveva sei e uno in particolare era il suo preferito. Non era difficile vederlo nei dintorni di Dumnow passeggiare con Blackie che lui chiamava affettuosamente “Milady”.

Dalla passione per le moto a quella per i cavalli

Il successo con i Prodigy non è mai venuto meno, così come quello con i Flint, la band che costituì personalmente: la sua energia sul palco era sempre devastante ma gli eccessi a poco a poco si erano sopiti. Keith era anche un appassionato collezionista di Moto: guidava soprattutto le Triumph, correva in pista con le Suzuki ma adorava le Ducati. Aveva partecipato diverse volte a gare Gran Turismo di grande fascino come quella dell’Isola di Man. Aveva investito parecchi soldi in una propria scuderia, la Traction Control, che vinse la gara di Man nel 2015 ma la sua grande impresa fu nel 2007 quando decise dall’oggi al domani di percorrere da solo e senza assistenza tremila chilometri solo per andare a vedere il Gran Premio di Spagna.

Finite le gare riprese la moto e tornò a casa. Nel 1999 rischiò la pelle e la paralisi quando si schiantò a 180 km/h contro un muro. Quando riprese conoscenza, prima di rendersi conto che al momento non aveva ancora la sensibilità alle gambe e che era vivo per miracolo, chiese al suo compagno di corse di andare immediatamente a ordinare un’altra Ducati identica a quella che aveva appena distrutto.

“Flint era un punk, poteva essere qualsiasi cosa”

Tutti oggi lo ricordano come il cantante dei Prodigy; in realtà la band inglese un cantante non doveva averlo. Il gruppo era nato come un esperimento di acid drum and bass, ritmi violentissimi e suoni elettronici. Liam Howlett era la mente, il programmatore, l’unico che avesse idea di come tirare fuori il suono da tastiere e computer.

Fu lui a chiamare la band The Prodigy, un omaggio alla tastiera Moog che portava lo stesso nome. Maxim era un disk-jockey affermato nell’ambiente garage e underground. Flint era il guastatore: quando aveva 15 anni ed era stato espulso da scuola a causa di una incontrollabile ipercinesi i docenti consigliarono ai suoi genitori di farlo sfogare in palestra. Lui scelse il ballo. Flint doveva essere il ballerino dei Prodigy: ne diventò il frontman e il cantante anche se non sapeva cantare. Ma sapeva scrivere: i suoi testi erano corrosivi, scomodi, trasgressivi, violenti e polemici. Adorava il punk e aveva un idolo, Johnny Rotten, il fondatore dei Sex Pistols cui si ispirava nel look e nei modi. I due erano diventati grandi amici, Rotten (al secolo John Lydon) nelle ultime ore ha rilasciato dichiarazioni durissime… “Keith era un uomo di intelligenza rara che non è stato compreso, aveva sicuramente un’attitudine punk.

Poteva fare il cantante, il ballerino, o dipingere ma era in ogni caso un artista a 360°. Il suo ultimo anno dopo la separazione dalla moglie è stato devastante e lui è stato lasciato solo. Tutti pensavano che se la sarebbe cavata alla grande con le moto, i cavalli, la sua musica… in realtà era un uomo che avrebbe voluto un figlio e avrebbe rivoluto indietro sua moglie. Raramente ho visto un essere umano così profondamente innamorato. Flint non era un uomo facile, molti forse ne avevano anche paura per i suoi atteggiamenti aggressivi e trasgressivi ma con maggiore consapevolezza e qualche aiuto oggi non lo piangeremmo. Lo piango perché penso che quello che è toccato a lui sarebbe potuto toccare a me.

Eravamo molto simili”. Non è ancora chiaro quando verranno celebrate le esequie di Flint che lascia un patrimonio ingente: solo la sua tenuta vale oltre due milioni di sterline e poi ci saranno le royalties dei suoi brani che da oggi valgono una fortuna. La band non ha annunciato lo scioglimento ma ha cancellato tutti i live in programma. Difficile che i Prodigy, senza il loro “Firestarter”, il loro piromane, possano avere un futuro.