Il Cinema italiano riesce raramente a stupire e a rinnovarsi. La commedia all'italiana, che ancora dà una certa nostalgia al pubblico, è da tempo dimenticata, ogni tanto escono pellicole soprattutto comiche che ripetono all'infinito lo stesso filone. Perciò quando viene proposto qualcosa di innovativo, di differente, tale produzione riscuote ovviamente l'attenzione del pubblico. Se poi si tratta di qualcosa di qualità, allora anche la critica si incuriosisce.

Pare essere questo il caso de Gli uomini d'oro, film noir e criminale diretto da Vincenzo Alfieri, al suo secondo film alla regia dopo I peggiori (2017), che ha già ottenuto l'attenzione di molti, attraverso la critica, per la sua originalità e per i tanti elementi ripresi dal cinema internazionale.

In realtà, la vicenda raccontata (un fatto di cronaca risalente al 1996) era già stata proposta sul grande schermo da Gianluca Maria Tavarelli (Qui non è il paradiso, 2000). Gli uomini d'oro uscirà nelle sale cinematografiche a partire da questo giovedì 7 novembre.

Una pellicola convincente

Quello che caratterizza il film (che non è affatto un remake della versione di Tavarelli) è un ritorno agli anni Novanta, in una grigia e nebbiosa Torino, una sceneggiatura e una regia convincenti, nonché un ottimo cast.

Protagonista tra tutti vi è Fabio De Luigi, l'attore romagnolo conosciuto soprattutto per le sue performance comiche. De Luigi interpreta Alvise Zago, impiegato insoddisfatto (come tanti nella storia) della propria vita, pronto ad associarsi ad una banda di postini in cerca del colpo perfetto.

Nel cast vi sono anche Edoardo Leo e Giampaolo Morelli, le altre due facce dell'insolita banda.

La storia e la cronaca italiana

Tratto da un episodio di cronaca, risalente al giugno del 1996, Gli uomini d'oro romanza la vicenda del furto di diversi sacchi di banconote, scoperto nella sede centrale delle Poste di Torino il 27 giugno dello stesso anno.

Il colpo era già stato raccontato (oltre che nel film Qui non è il paradiso) anche in un libro, scritto da Bruno Gambarotta, Il colpo degli uomini d'oro: il furto del secolo alle Poste di Torino, edito da Manni nel 2018.

Una storia del genere non poteva avere altro destino se non quello di finire sul grande schermo, data la sua portata nella cronaca italiana.

Altro elemento culturale inserito nella produzione è il fatto che tutta la vicenda inizi dalla politica, ovvero dalla riforma Dini sul sistema pensionistico italiano, legge che coinvolge (in negativo) uno dei protagonisti del film e lo porta ad organizzare la rapina. Insomma, una trama tutta italiana, raccontata in un film all'altezza delle aspettative del pubblico.