Da quando il grande e potente impero multimiliardario Disney ha acquisito alcuni dei più grandi colossi dell'editoria mondiale, tra fumetti e Cinema, tra cui Marvel, Lucasfilm e 20th Century Fox (ora rinominata 20th Century Studios), la multinazionale di Burbank ha sempre saputo provvedere a far fruttare i propri investimenti sfruttando fino all'osso tutte le proprietà intellettuali, soprattutto cinematografiche, in suo possesso, con risultati altalenanti al botteghino, ma che nella maggior parte dei casi hanno saputo portare a casa ottimi incassi.
Quest'ultimo Alien: Romulus, prodotto proprio dalla divisione 20th Century Studios, diretto e co-sceneggiato da Fede Álvarez, sembra essere la riconferma di ciò.
La pellicola, uscita nei cinema italiani il 14 agosto 2024, è la settima facente parte di quella che è senza dubbio alcuno una delle saghe capostipiti della cinematografia di fantascienza/horror, che risponde al nome di Alien. Della quale i primi capitoli, Alien del 1979 diretto da Ridley Scott e Aliens - Scontro Finale del 1986 di un altro grande autore come James Cameron, risultano a tutt'oggi insuperati.
Questo Alien: Romulus si pone cronologicamente come midquel ambientato proprio tra questi due film.
La trama
Anno 2142. Una sonda spaziale della Weyland-Yutani trova il relitto alla deriva della USCSS Nostromo e raccoglie lì nei pressi un bozzolo contenente lo Xenomorfo che ne ha sterminato l'equipaggio.
Inutile dire che tale creatura si rivelerà in seguito tutt'altro che morta e innocua, e con intenzioni tutt'altro che pacifiche.
Protagonisti principali della vicenda sono la giovane Rain Carradine, interpretata da Cailee Spaeny, vista di recente anche nel Civil War di Alex Garland, il cui personaggio sembra voler a tutti gli effetti raccogliere l'eredità della forse inarrivabile Ripley del primo Alien, interpretata da Sigourney Weaver.
Accompagnata dall'androide Andy, suo fratello adottivo, interpretato dall'attore inglese David Jonsson, Rain dovrà recuperare delle capsule di stasi criogeniche dalla stazione spaziale abbandonata Renaissance.
La regia di Alien: Romulus
Álvarez, regista che ha esordito col remake de La Casa (Evil Dead) del 2013, rifacimento del capolavoro horror/splatter di Sam Raimi, propone, con Alien: Romulus una regia molto videoludica, con ottime carrellate che riescono benissimo a costruire la giusta tensione e che cita palesemente anche, tra le altre cose, prodotti come quell'Alien: Isolation del 2014 sviluppato da The Creative Assembly e pubblicato da Sega, sempre facente parte del franchise, ma soprattutto palesemente, ed anche tanto, opere del calibro della saga di Dead Space partita nel 2008.
Vengono ripresi, anche se stavolta un po' più a grandi linee e di sfuggita, alcuni dei temi trattati nei precedenti capitoli della saga, come il confronto tra darwinismo e creazionismo (cercando sempre di supportare molto di più quest'ultima tesi, come da sempre accade nella saga).
Un horror molto più edulcorato
In questo Alien: Romulus si punta molto di più sull'orrore psicologico rispetto a quello visivo, tanto che infatti molti jumpscares risultano abbastanza deboli e telefonati, sebbene non manchino sequenze abbastanza forti e cruente, tra esplosioni di piccoli parassiti xenomorfi dal petto del malcapitato di turno, alieni che sputano letale vomito acido e parti non tanto piacevoli e desiderati, tratti distintivi della saga.
Una tinta horror che comunque in effetti sembra molto più edulcorata e patinata rispetto ai capitoli precedenti, ma il tutto è compensato da un ritmo molto serrato e coinvolgente che riesce letteralmente a far volare le due ore della durata del film.