La prima cosa che insegna la lettura è come stare da soli, recitava Jonathan Franzen, saggista statunitense grande amico ed ammiratore del genio malinconico D.F. Wallace, scrittore immortale di moltissime opere che hanno segnato la storia contemporanea americana, tra le quali il discusso tomo Infinite Jest.
In questa società tecnologica dove la solitudine è diventata uno dei problemi maggiori fra le persone che sembrano trovare più facile interagire solo attraverso i social, la lettura di un buon testo sarebbe la logica soluzione per sopperire a questa mancanza ma non tutti trovano indispensabile il rifugio nella lettura e nella cultura.
Spesso si trascorre molto tempo a sfogliare la home di Fb spendendo il nostro tempo nell'inutile qualunquismo dilagante.
Perché noi lettori accaniti, che sappiamo tutto su Marquez e la Allende, su Borges e Cortazar, succubi dell'angoscia kafkiana o di Calvino, Tolstoj, Mann, seguaci del pensiero di Kant, amanti delle saghe o fan di autori che ci hanno adottato per sempre dal primo paragrafo letto, quando consigliamo ai nostri amici di andare in libreria a comparsi un libro ci sentiamo rispondere le giustificazioni più banali? Analizziamo le loro risposte.
1) Non ho tempo. Questa resta la giustificazione maggioritaria. Non ho tempo è il luogo comune che ognuno fornisce a se stesso e agli altri per non prendersi la responsabilità di ammettere che preferisce impiegare il tempo libero tra un dispositivo collegato a internet, una partita di calcetto o un film in TV.
Il tempo per ciò che ci interessa lo troviamo sempre. La lettura evidentemente non ricopre ancora un interesse così importante da non essere subordinata al resto. Tutti indistintamente abbiamo del tempo libero, è come lo gestiamo che fa la differenza. Basterebbe programmarlo in cima alla lista delle preferenze, inserire questo scrigno magico come prioritaria e produttivo e ci accompagnerà in viaggi infiniti, indietro nel tempo o avanti nel mondo della fantascienza.
Leggere è una immersione nella cultura ma non per tutti
2) Preferisco il film. Quando noi lettori ascoltiamo questa frase, un po' di pelle d'oca sorge spontanea sul nostro corpo inorridito, poiché anche il miglior regista al mondo non potrà mai riuscire a rappresentare il pensiero di Joyce o di Keruac come come loro ce lo volevano raffigurare con i loro racconti.
Il film è una macchina di immagini in movimento chi ci fa subire passivamente il senso che il regista vuole raffigurarci in base alla sua consolidata sfera emozionale.
3) Ci ho perso anche troppo tempo a scuola. Molti ragazzi, sono segnati per sempre da cattivi insegnanti o da genitori troppo opprimenti, che hanno involontariamente fatto registrare la lettura nella loro mente, come una coercizione. Questo li conduce a priori lungo la strada dell'allontanamento, senza più riuscire a concepire la soddisfazione di un sano coinvolgimento letterario. Ogni occupazione appare come più stimolante e degna dei ritagli di tempo rispetto ad un libro catalogato ormai come una ordinaria e monotona imposizione.
Riuscire a vincere i propri limiti è la sfida maggiore della nostra esistenza e superarli ci porterà ad una esplorazione continua, che permetterà la nostra crescita e la realizzazione di obiettivi sempre più significativi.