Molti conosciamo le leggende legate alla Storia ed all'espugnazione della città di troia da parte dei greci. Quella leggenda secondo la quale i guerrieri greci, fingendo una resa, abbandonano l'idea di attaccare la città di Troia e si allontanano lasciando sulla spiaggia una enorme costruzione in legno raffigurante un cavallo, dentro il quale vi erano nascosti alcune decine di soldati che durante la notte aprirono le porte della città per permettere al proprio esercito di entrare e conquistarla. Una storia che ha lasciato non poche domande nella mente dei vari lettori e degli studiosi stessi che si sono chiesti svariate volte il perché i greci avessero costruito un cavallo e, soprattutto, perché i troiani avessero "rubato" incautamente tale costruzione senza prima avviare gli opportuni accertamenti.
Una scoperta che, con molta probabilità, lascerà perplesse molte menti, ma che con i dettagli forniti potrebbe cambiare radicalmente una rappresentazione errata della storia conosciuta.
La tesi dell'archeologo Francesco Tiboni
Una risposta a queste domande che da anni, molti anni, rendono incompleta un'opera come l'Odissea e l'Iliade, viene formulata e fornita da un professore dell'università di Marsiglia, l'archeologo Francesco Tiboni, che per anni ha cercato di studiare ogni minimo dettaglio della vicenda. Secondo quanto affermato dallo studioso, quello che noi conosciamo come "cavallo di Troia" e che abbiamo sempre raffigurato ed immaginato come un cavallo costruito interamente di legno e con nascosto al suo interno qualche soldato, in realtà era una nave.
Questa confusione di immaginazione e trascrizione nasce dal fatto che la costruzione, nella trascrizione originale in greco, era chiamata Hippos (che letteralmente significa "cavallo"), ma nessuno ha mai pensato che quella parola stava in realtà ad identificare una determinata tipologia di nave ideata da un costruttore fenicio di nome Hippus e che sfoggiava una polena dalle forme molto simili alla testa di un cavallo.
Questa deduzione è stata confermata anche dal fatto che Omero, nelle sue opere, ha dimostrato più volte una dettagliata conoscenza dell'ambiente marinaro e delle svariate imbarcazioni dell'epoca e, soprattutto, dal fatto che sarebbe stato più semplice, per i soldati di quel tempo, nascondersi all'interno della stiva di una nave piuttosto che nella "pancia di un cavallo".
Ad accorrere per avvalorare questa tesi giunge anche un altro importante dettaglio che spiegherebbe il perché i troiani abbiano accolto rapidamente l'imbarcazione tra le proprie mura: secondo quanto riportato dai testi antichi, questa tipologia di imbarcazione era utilizzata dagli stessi greci per trasportare oggetti preziosi all'interno della propria stiva.