L'assegno di mantenimento è la somma di denaro che viene versata dal coniuge economicamente più forte, di solito il marito alla moglie, alla fine del matrimonio. Con la separazione vengono a mancare i doveri materiali tra i coniugi, come il vincolo della coabitazione e della fedeltà. Tuttavia, entrambi i coniugi hanno l’obbligo dell’assistenza materiale e morale.

Il riconoscimento economico mensile viene attribuito dal giudice con la sentenza di separazione e poi con quella di divorzio. In mancanza di accordi tra i coniugi, il giudice stabilisce l’importo dell’assegno, considerando svariati fattori, nonché l’indipendenza economica e l’età della moglie.

In passato, l’assegno di mantenimento veniva sostenuto dal marito in base al tenore di vita. Il mantenimento garantiva alla moglie una situazione economica uguale a quella che aveva durante il matrimonio. La Cassazione con la sentenza n. 11538/17 ha destabilizzato quello che era visto come il monopolio dell'ex moglie, negando o riducendo l’importo dell’assegno. Risultato? Il mantenimento dovrà consentire solo il sostentamento, una somma per la sopravvivenza a favore della moglie.

La sentenza del 2017, non ha fatto altro che scompigliare la regola dell’assegno di mantenimento. Cosa significa? Non tutte le donne hanno diritto al mantenimento. La moglie capace di poter produrre un reddito lavorando rischia di non ricevere alcun mantenimento, oppure ottenere solo un assegno ridotto al minimo.

A questo punto, non ci resta che andare nel dettaglio per valutare di quanto può cambiare la situazione economica dei coniugi che intendono separarsi.

Quali sono le premesse per ottenere l’assegno di mantenimento?

Il tenore di vita di una coppia può cambiare drasticamente se si intende divorziare. In passato, il mantenimento aveva il compito di bilanciare i redditi dei coniugi assicurando alla parte considerata “debole” economicamente (di solito la moglie) lo stesso tenore di vita presente durante gli anni matrimoniali.

Di conseguenza, il reddito del marito veniva tagliato quasi a metà e spartito tra i due coniugi.

La Cassazione con la sentenza del 2017 è intervenuta tagliando quel “cordone ombelicale” che legava i coniugi dopo il divorzio. Risultato? L’assegno di mantenimento ha solo il compito di sostenere uno dei due coniugi, se non ha un reddito e non ha un'indipendenza economica.

Siamo passati, quindi dal mantenere lo stesso tenore di vita a un importo che serve solo per la sopravvivenza della moglie. Di conseguenza, il giudice può negare o ridurre l’assegno di mantenimento richiesto dalla moglie, qualora quest'ultima possa mantenersi economicamente da sola.

Per ricevere l’assegno di mantenimento, è necessario presentare una richiesta al giudice. Quest'ultimo, prima di emettere la sentenza con l'indicazione del pieno diritto di ricevere il mantenimento a favore della moglie o marito, deve verificare che sussistano delle condizioni ben specifiche, quali:

  • la domanda di mantenimento deve essere indicata nell’atto di separazione dall’ex coniuge (marito o moglie) che richiede l’assegno;
  • il coniuge che presenta la domanda di mantenimento non ha subito l'addebito della separazione;
  • il coniuge che richiede l’assegno di mantenimento non deve avere una forma reddituale propria;
  • il coniuge vincolato al versamento del mantenimento deve poter disporre di redditi idonei.

Durante la separazione resta il vincolo dell’assistenza materiale tra i due coniugi.

Ciò significa, che uno dei due coniugi ha l'obbligo di partecipare alle spese di sostentamento dell'altro. Come ad esempio, sostenere le spese per l'acquisto del cibo, dei vestiti, le cure mediche.

Inoltre, entrambi i genitori hanno l'obbligo di collaborare non solo al mantenimento dei figli ma devono coordinarsi reciprocamente per promuoverne sia l'educazione che l'istruzione. Con la separazione il giudice deve valutare la presenza del diritto di mantenimento alla moglie ed eventualmente stabilire l’assegno per i figli.

Le regole dell'assegno di mantenimento in favore dei figli non sono cambiate. Il giudice impone l’obbligo del versamento dell'assegno tenendo conto di determinati presupposti, quali:

  • i bisogni del figlio;
  • il tenore di vita del minore e il contesto sociale a cui appartiene;
  • la stabilità del figlio presso ciascun genitore;
  • l’ammontare della situazione reddituale dei genitori e la consistenza patrimoniale.

Quando la moglie può richiedere e ottenere il mantenimento?

Abbiamo detto che di solito a richiedere il mantenimento è l'ex moglie, quindi il giudice ha il compito di stabilire, se alla moglie spetta il diritto all’assegno e quantificarne l’importo.

L’assegno di mantenimento viene visto come forma di sostentamento per la moglie solo in presenza di determinate condizioni, quali:

  • la moglie giovane, ad esempio, che durante il matrimonio non ha terminato un corso di laurea. In questo caso, seppure, ella è giovane viene tutelata, affinché, completi il ciclo di studio che le consenta l'ingresso nel mondo lavorativo;
  • quando la moglie ha un’età troppo elevata che non le consente di trovare un lavoro;
  • quando la moglie ha una salute cagionevole ed è stata dichiarata malata, oppure, invalida e non è in grado di poter lavorare;
  • la moglie ha svolto sempre le funzioni di casalinga occupando tutto il suo tempo per coprire le esigenze familiari. Una condizione approvata dal marito durante il matrimonio.

Dunque, l’assegno di mantenimento viene versato dal marito alla moglie solo se il giudice ne accerti il diritto.

Come viene calcolato l’assegno di mantenimento?

Il giudice, viene interpellato per determinare l’ammontare dell’assegno di mantenimento. La valutazione del giudice nel stabilire l’importo dell’assegno verte su diversi elementi, quali:

  • l’ammontare del reddito derivante dall’attività lavorativa del marito obbligato a versare l’assegno;
  • le proprietà immobili;
  • la disponibilità della casa;
  • la presenza d'investimenti;
  • l’età della moglie;
  • la capacità lavorativa della moglie, considerando il periodo di tempo intercorso dall’ultimo lavoro svolto dalla quest'ultima, nonché la sua reale esperienza nel mondo del lavoro;
  • il contributo dato dalla moglie nella gestione familiare e nella realizzazione del patrimonio;
  • la durata del matrimonio;
  • lo stato di salute della moglie.

Se la moglie non lavora ha diritto di riceve il mantenimento?

Può accadere, che il marito disponga di un cospicuo reddito e la moglie no.

Oggi, il pagamento dell’assegno non va a modificare in modo decisivo la situazione economica della moglie. In quanto, l’assegno non ha il compito di mantenere il tenore di vita come continuità del matrimonio ma, rappresenta solo un supporto a favore dell’ex moglie.

Difficilmente, una donna giovane che convoli a nozze con un brillante miliardario potrà richiedere un assegno da capogiro. In mancanza di accordi specifici tra i coniugi potrebbe non ricevere l’assegno, oppure ottenere un minimo di mantenimento. Una circostanza limitata a un determinato periodo di tempo. Una sorta di concessione, affinché la donna non trovi un lavoro redditizio.

Il discorso cambia nel caso in cui, a divorziare è una donna “casalinga” di 55 anni di età che ha sempre gestito la casa e la famiglia.

Una situazione familiare in cui il marito era pienamente d'accordo. In questo caso, la casalinga non ha l’autosufficienza economica ma, ha acquisito il diritto al mantenimento.

Il giudice, sul lavoro di "casalinga" svolto dalla moglie durante gli anni di matrimonio, può stabilire che il marito versi un assegno mensile, con un importo determinato non solo dai bisogni di quest'ultima ma, anche sui redditi effettivi di cui dispone l'ex coniuge. Tuttavia, tale somma può essere ridotta a un importo meno cospicuo, necessario solo per coprire il diritto agli alimenti. Un'ipotesi che si può verificare, qualora, la moglie abbia subito l’addebito della separazione, cioè ha causato la fine del matrimonio.

Medesimo discorso, si riscontra per il marito che percepisce un reddito basso. Infatti, l’assegno di mantenimento in favore della moglie sarà sempre proporzionato al necessario. Ad esempio, un marito con un reddito che oscilla tra i mille e duemila euro mensili, versa alla moglie che non lavora, un assegno di circa 300 euro.

La moglie disoccupata riceve l’assegno di mantenimento

Il calcolo dell’assegno ruota sull'indipendenza economica della moglie, che si appresta a richiede il mantenimento dal marito. Ora, la moglie con un’esperienza lavorativa che le consente di potere lavorare e guadagnare, non ha diritto all'assegno. Il fatto che risulti disoccupata non è una giustificazione, se ha l’età per svolgere una mansione lavorativa.

Perché la casalinga ha diritto al mantenimento?

La sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/18.ha stabilito che il giudice nel quantificare l’ammontare dell’assegno di mantenimento in favore della moglie, deve valutare l’esatto ruolo che quest'ultima ha svolto nella conduzione familiare. Il giudice deve stabilire, quanto la moglie abbia con il suo operato di casalinga influito nell’accrescere sia il patrimonio familiare che quello del rispettivo marito. Per logica, se la donna si è occupata della famiglia ha seguito i figli e ha influenzato in modo positivo il patrimonio familiare, non ha potuto svolgere un’attività lavorativa. Rinunciando a una possibile o probabile carriera lavorativa per dedicarsi anima e corpo alla famiglia.

In buona sostanza, la moglie con il suo operato di casalinga ha contribuito all’incremento della ricchezza del marito. Cosa vuol dire? Per aver partecipato a formare il benessere economico familiare e individuale del marito, la moglie ha diritto a un cospicuo assegno di mantenimento.