Il 24 agosto 2015 sarà ricordato come il giorno tra i più neri della storia a causa del crollo dei mercati cinesi che hanno trascinato verso il fondo gli interi sistemi mondiali. Il tonfo è così pesante che per quasi un’ora il mondo finanziario intero rivive gli incubi della Lehman Brothers e di quel 15 Settembre 2008, anzi scende ancora più giù sfiorando abissi fino ad allora mai esplorati.
La giornata
Già dalla mattina la Borsa di Shanghai è sotto dell’8,5%, quasi l’intero guadagno dall’inizio del 2015 ad oggi. Crollano anche le altre Borse asiatiche con Mumbai e Mosca rispettivamente a -5,2% e -4,9%.
In poche ore anche i listini europei battono il loro record negativo continuando a scendere inesorabilmente. A fine giornata l’indice Stoxx 600, che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati sulle Borse del Vecchio continente, cede il 5,39%:411 miliardi di euro di capitalizzazione “bruciati” in una sola seduta. Milano perde ben 38 miliardi e chiude con un rosso che sfiora il 6%, dopo aver toccato minimifino al 7,2, con la metà dei titoli principali che vengono sospesi a più riprese. Si registrano record negativi anche a Wall Street dove in poche ore si scatena quello che gli analisti chiamano 'panic selling', una vendita su larga scala che causa veloci e profondi crolli dei valori azionari.
Il Dow Jones arriva a perdere oltre 1000 punti, record assoluto considerando che il massimo fu toccato il 17 Settembre 2001, primo giorno di mercato dopo l’attentato alle torri gemelle dove la perdita si attestava attorno agli 800 punti. Malissimo anche l’indice Nasdaq, con Apple che arriva a perdere il 13% e Facebook il 16%.
I motivi del crollo
L’origine del crollo è il mercato azionario cinese che dal 12 giugno si è bloccato dopo anni di crescita innescando il panico. Dopo i primi crolli, la Banca centrale cinese ha optato per una piccola svalutazione dello Yuan (da 6,8 a 7,2 dollari), lasciando libera la valuta di oscillare.Una scelta quasi obbligata per Pechino, per permettere alla valuta di essere inclusa nel gruppo dellemonete “di riserva” così come Dollaro, Euro, Sterlina e Yen e perché la Casa Bianca ha insistito perché il tasso di cambio fosse più flessibile.Il contagio si è esteso a tutti i mercati emergenti che, come Pechino, soffrono per l’uscita dei grandi fondi diinvestimento.
Il governo cinese ha perfino incoraggiato i piccoli risparmiatori a contrarre debiti per investire in Borsa, alimentando la stessa spirale che ha continuato a peggiorare la situazione fino al tracollo odierno.Le valutazioni di mercato hanno così superato l’assurdo, scontando un boom futuro di utili incompatibilecon l’evidente rallentamento strutturale del paese, afflitto da sovracapacità produttiva. Inoltre c’è una totale sfiducia sulla solidità dell’intero sistema cinese che negli ultimi anni ha fatto registrare un boom del debito privato aggravato dalle spese sostenute per finanziare la ripresa.
La Federal Reserve americana sta pensando di rimandare a marzo prossimo il rialzo dei tassi. Pechino haproblemi ben più grossi.