Scade il prossimo 16 giugno il termine per effettuare l’acconto di Imu e Tasi, una sorta di “tax day” per tutti coloro che possiedono o utilizzano un immobile. Quest’anno il calcolo dell’importo da pagare dovrebbe risultare abbastanza semplice dal momento che non è cambiato nulla rispetto al 2016, stante peraltro la riproposizione del “blocco” dei tributi che vieta aumenti di aliquote. Bisogna però fare attenzione ad alcune modifiche intervenute sugli immobili come ad esempio l’attribuzione di una nuova rendita catastale o la locazione dell’appartamento prima adibito ad abitazione principale.

Per il resto permangono le duplicazioni di calcolo di due tributi per molti versi perfettamente sovrapponibili, che il legislatore non è ancora riuscito ad accorpare lasciando così irrisolti alcuni dubbi applicativi, specie sulla Tasi.

Tributi in autoliquidazione

Va subito detto che si tratta di due tributi in autoliquidazione, quindi al versamento deve provvedere il contribuente senza attendere dai Comuni i modelli di pagamento già compilati.

In conclusione, dopo aver inquadrato la disciplina applicabile al singolo caso (considerato che la Tasi non sempre si somma sulle medesime fattispecie Imu), occorre effettuare il versamento dell’acconto Imu e Tasi entro il 16 giugno 2017, con una procedura di calcolo sostanzialmente identica.

Si parte dalla stessa base imponibile (rendita catastale per i fabbricati, rivalutata del 5%) alla quale applicare i coefficienti moltiplicatori distinti per categoria catastale. Il valore ottenuto consente quindi di effettuare il calcolo applicando le aliquote Imu e Tasi decise dai comuni l’anno scorso, non escludendo comunque la possibilità di applicare le aliquote più favorevoli approvate quest’anno.

L’acconto sarà pari al 50% dell’importo complessivo, ma a dicembre occorrerà effettuare il saldo considerando le aliquote del 2017, che, come già evidenziato, dovrebbero rimanere le stesse.

È prevista la possibilità di pagare l’intero importo annuale in un’unica soluzione, entro il 16 giugno 2017, scelta che quest’anno risulta percorribile essendo già scaduto il termine per intervenire sulle aliquote e sulle tariffe dei tributi locali, quindi con una situazione ormai definitiva.

Chi paga

Coltivatori diretti e Iap: tra le differenze Imu-Tasi si segnala il diverso trattamento vigente nel comparto agricolo. I terreni non sono imponibili ai fini Tasi, mentre pagano l’Imu i soggetti che non sono imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti, applicando il coefficiente 135 e senza riduzioni a scaglioni, ad eccezione dei terreni montani indicati nella circolare 9/93 o ubicati nelle isole minori o a proprietà collettiva. I fabbricati rurali strumentali sono invece esenti da Imu ma pagano la Tasi seppure in misura ridotta con aliquota massima dell’1 per mille.

Comodato ai parenti: è prevista la riduzione del 50% per i comodati tra parenti di primo grido, l’esclusione dalla determinazione della rendita catastale per i cosiddetti “imbullonati”, la riduzione del 25% per gli immobili locati a canone concordato e l’esonero per gli immobili di cooperative indivise destinate a studenti universitari soci assegnatari.

Aree fabbricabili: stesso trattamento Imu-Tasi anche per le aree fabbricabili, la cui base imponibile è data dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio, determinato tenendo conto della zona territoriale di ubicazione, dell’indice di edificabilità, della destinazione d’uso consentita e dei prezzi medi rilevati sul mercato. Per tali aree occorre anche verificare se il Comune ha deliberato i valori venali di riferimento. Per determinare l’Imu-Tasi si prende quindi il valore di mercato dell’area alla data del 1° gennaio e a questa si applicano le aliquote previste dalle delibere del comune in cui è ubicata l’area.

Immobili produttivi: anche gli immobili produttivi rientranti nel gruppo catastale “D” (capannoni, opifici, eccetera) hanno lo stesso trattamento Imu-Tasi: la base imponibile è costituita dal valore catastale (rendita x 1,05) oppure dal valore contabile in caso di fabbricati non accatastati, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati (si vedano i coefficienti aggiornati con Dm 14/4/2017).

Per l’Imu è però previsto il versamento di una quota a favore dello Stato e una quota (eventuale) a favore del Comune . La quota Imu dovuta allo Stato è pari all’imposta ottenuta applicando l’aliquota del 7,6 per mille, ed il codice tributo da utilizzare è il 3925.

Per la base imponibile valgono i mesi di possesso

La disciplina Imu prevede che l’imposta è dovuta proporzionalmente ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso, computando per intero il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni. Applicare tale regola non è facile perché il cambio di soggettività passiva può avvenire il 15 o il 16 del mese e se il mese è di 30 o 31 giorni la condizione prevista dalla norma si verifica sia per il venditore che per l’acquirente.

Un’applicazione letterale della normativa vedrebbe soddisfatto il requisito per entrambi i soggetti, con la paradossale conseguenza che per lo stesso immobile si registrerebbe per un mese un doppio versamento. Si tratta evidentemente di norma che andrebbe modificata, ponendo l’intero mese a carico del soggetto che ha posseduto per più giorni del mese l’immobile. Tale è, peraltro, il comportamento tenuto dalla maggior parte dei Comuni.

Per la Tasi, invece, il quadro è ancor più nebuloso, perché il legislatore non ha disciplinato espressamente il periodo di possesso minimo, che quindi potrebbe andare a giorni, come per la Tari, o a mesi, come per l’Imu. Quest’ultima soluzione è peraltro quella ordinariamente applicata dai Comuni.

Infine, si rammenta che i soggetti passivi effettuano il versamento dell’imposta dovuta al Comune per l’anno in corso in due rate di pari importo. La disposizione prevede, inoltre, che resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Anche in questo caso la norma è mal formulata perché dà per scontato che la situazione esistente al momento dell’acconto rimanga invariata per tutto l’anno. Quindi se un contribuente ha acquistato il 30 aprile, la rata di acconto deve essere calcolata considerando un imposta dovuta per 8 mesi, e quindi occorre versare per 4 mesi, anche se nel primo semestre il possesso si è protratto solo per due mesi. Ragioni di semplificazione ed equità imporrebbero invece un calcolo per semestre.