In occasione della Festa nazionale di Sinistra Italiana in corso di svolgimento a Reggio Emilia, questo 20 settembre è intervenuto Maurizio Landini, ex segretario della FIOM e attualmente membro della segreteria nazionale della Cgil. Ecco le parti salienti su quello che ha detto.

Landini parla dell'arretramento dei diritti del lavoro avvenuto negli ultimi decenni e dell'aumento delle diseguaglianze

Landini ha iniziato parlando di temi economici facendo un confronto fra la situazione attuale e quella degli anni Settanta: "E' sotto gli occhi di tutti che negli ultimi decenni vi è stata una redistribuzione di ricchezza ai danni di chi lavora e che i sindacati non sono riusciti a contrastare adeguatamente questo processo.Nel 1973 i rapporti di lavoro esistenti per legge erano solo 4 (indeterminato, determinato, apprendistato e part time) e l'intermediazione di manodopera era vietata dalla legge, oggi i tipi di rapporti di lavoro sono decine, per non parlare di appalti e subappalti.All'epoca vi erano salari più alti e vi era una più forte rappresentanza del mondo del lavoro, anche sul piano politico; oggi c'è un livelo di frantumazione sociale senza precedenti.

Un livello di competizione fra le persone per sopravvivere così come vi è oggi, non l'avevo mai visto.Nel 1973 facevi fatica a dire a un lavoratore che se non accettava certe condizioni, vi sarebbero stati altri 15 pronti a lavorare con meno soldi e meno diritti pur di lavorare: non c'era la paura che vi è oggi.Si è affermato in questi anni il pensiero unico del mercato e dell'impresa. Nel 1970 venne approvato lo Statuto dei Lavoratori: ricordo che il PCI si astenne perché riteneva la soglia dei 15 lavoratori era troppo alta, mentre votarono a favore DC, PSI, PSDI, PRI e PLI. In quegli anni la cultura politica del paese, da destra a sinistra, aveva assunto che chi lavorava doveva avere dei diritti e che non si poteva essere licenziati senza giusta causa.

Oggi invece sono state fatte delle leggi che cancellano lo Statuto dei lavoratori e che tutelano gli imprenditori, i quali pagando un po' di soldi possono fare licenziamenti ingiusti.Sul piano sindacale eravamo abituati ad andare nelle aziende perché venissero rispettate le leggi dello Stato, oggi se vogliamo tutelare i lavoratori invece dobbiamo andarci per chiedere che certe leggi non vengano applicate: è un bel cambiamento!

E quello che ha fatto la legge del Jobs Act continua a dire che questa è la legge più di sinistra che abbia fatto: se le parole cambiano così tanto di senso, ditemi perchè un giovane che continua a sentirsi dire che è di sinistra il fatto che lui continui a essere precario dovrebbe essere di sinistra? La sua condizione è migliorata?

Qualcuno me lo spieghi. Io penso che c'è un tema culturale e politico: prima dell'unità delle forze politiche viene l'unità sociale fra le persone del lavoro, se non impediamo che ci sia la competizione fra due persone per lavorare non ricostruiremo nè la sinistra, nè una capacità di trasformazione sociale. Siamo di fronte a un cambiamento e il punto non è fermarlo, ma porsi il problema di chi lo governa e lo gestisce.L'intelligenza artificiale collegandosi con il digitale è in grado di gestire una quantità di informazioni senza precedenti.Ci dicono che oggi cala il lavoro e che ci vuole meno tempo per l'aumento della produttività, ed è vero, ma nei paesi nei quali si costruiscono queste tecnologie i posti stanno aumentando; il problema è come vengono pagati e come sono trattati.Quanto vengono pagati quelli che in Cina e in India gestiscono i dati informatici dei social network?

E da chi sono rappresentati? La tecnologia non è neutrale ma dipende da chi e come la gestisce. Il tema di fondo oggi è la conoscenza e il diritto alla formazione permanente dentro al lavoro.Oggi ci vuole una riduzione dell'orario del lavoro, ma non uguale per tutti, bensì diversa in base al tipo di lavoro che si fa: chi fa lavori usuranti o lavora di notte deve avere delle riduzioni maggiori. Se i lavoratori non vengono tutelati e difesi non ci dobbiamo stupire se poi non vanno a votare o se per loro il problema diventa il migrante che arriva: se nelle loro condizioni di lavoro non c'è nessuno che è in grado di agire e cambiare le cose è evidente che ognuno si arrangia da solo. Servono politiche pubbliche e investimenti, una democrazia economica e una partecipazione alla vita delle imprese, ma anche una rappresentanza politica e delle leggi che vanno in questa direzione.Va ricostruito un punto di vista del lavoro.

'Va contrastato il pensiero unico del mercato'

Landini si è poi soffermato sul ruolo della tecnologia e su quello degli investimenti pubblici: "Il determinismo di chi dice che la tecnologia porterà alla riduzione del lavoro va respinto. Lo dicevano anche quando arrivò l'industrializzazione, ma non è stato così.Il problema è come si lavora e come si redistribuisce la ricchezza. Il problema oggi in Italia non è tassare qualcuno ma farle pagare davvero le tasse. E intanto fiscalmente il paese si regge su quanto pagano i lavoratori dipendenti.Il fatto che i soldi possano girare il mondo cercando i paradisi fiscali è legato alle leggi create ad hoc negli USA negli anni Novanta. Ormai è la finanza che decide il tipo di industria, non sono le industrie che usano la finanza.

In realtà la ricchezza la producono ancora i lavoratori, mentre la finanza la distrugge.Quindi non so se è sufficiente tassare i robot, ma probabilmente serve una riforma fiscale complessiva anche sul piano europeo, visto che esistono in UE molti sistemi fiscali differenti.Tutte le innovazioni più profonde avvenute negli ultimi anni sono state legate agli investimenti pubblici nella ricerca, che poi hanno creato opportunità di mercato.Ci dobbiamo porre l'obiettivo della piena occupazione affinché le persone possano essere libere attraverso il lavoro ed avere dignità e dall'altro l'obiettivo di cambiare il modello economico e sociale che si è affermato in questi anni. Credo che occorra tornare a rappresentare il lavoro, non per rappresentare una parte ma il tutto, per rappresentare un altro modello sociale di trasformazione, senza questa prospettiva perché uno dovrebbe iscriversi a un sindacato?

Una delle ragioni della crisi della sinistra in Italia e in Europa (non è andato in crisi solo il comunismo ma è andata anche la socialdemocrazia) sta nel fatto che nei vari paesi europei spesso sono stati proprio i partiti dell'Internazionale Socialista a prendere misure contro i diritti del lavoro. Dobbiamo porci il problema di contrastare il pensiero unico della centralità dell'impresa e del mercato".

'Ecco cosa deve cambiare nel sindacato e nella politica'

Infine Landini si è soffermato su cosa va cambiato nel sindacato e sulle sorti della sinistra politica: "Nel sindacato vanno cambiate tante cose: va reso più democratico, ridurre il numero dei contratti, unificare, togliere elementi di burocrazia interna; il sindacato deve tornare a essere quel luogo in cui tutte le persone che lavorano possano credere e in cui possano partecipare.

E allo stesso modo la politica: io penso che riunire la sinistra a partire da quello che c'è, oggi è un messaggio che non mi convince, perché c'è una precondizione. Oggi innanzitutto va unito socialmente il mondo del lavoro, altrimenti chi si rappresentare le persone non vogliono farsi rappresentare da nessuno? Va ricostruita una pratica sul territorio affinché le persone non si sentano più sole e si mettano insieme per affrontare i problemi. Riunificare la sinistra? C'è di più da fare, non basta unificare quello che c'è. Quando sei in una situazione in cui il 50% non va più a votare è a rischio la tenuta democratica, ma nella discussione delle forze politiche pare che a nessuno interessi quanta gente va a votare.

Sia nel sindacato che nella politica bisogna pensare che va ricostruito qualcosa di nuovo, non rimettere insieme quello che c'è già; altrimenti non andiamo da nessuna parte e non riusciamo a mettere in movimento quelle energie e quei bisogni che pur esistono":