Arriva un nuovo colpo di scena sulla Brexit, dopo che nella giornata di ieri è emersa l'esistenza di un rapporto segreto riguardante l'andamento dell'economia britannica nel periodo successivo alla conclusione dell'accordo di separazione con l'Unione Europea. I tecnici dell'esecutivo avrebbero infatti preso in considerazione diversi scenari, elaborati sulla base di un deal che tenga conto dei parametri emersi dalla discussione attualmente in corso.

Le possibili conseguenze negative sul PIL previste nel rapporto

Stante la situazione appena descritta, entriamo nel merito delle previsioni inserite all'interno del rapporto prodotto dai tecnici inglesi.

Secondo le informazioni emerse, nel caso in cui le richieste della Premier Theresa May venissero accolte, il PIL britannico si troverebbe ad affrontare una crescita inferiore del 5% nei prossimi 15 anni rispetto a quanto non sarebbe avvenuto con la permanenza nell'UE. Diverso però è il caso di un mancato accordo al termine dei negoziati. Lo scenario prevede infatti di adeguare tutti gli scambi alle procedure ed ai regolamenti facenti riferimento all'Organizzazione Mondiale del Commercio. Questo passaggio significherebbe un passo indietro notevole, che porterebbe ad una mancata crescita dell'8% nel medesimo lasso di tempo.

Lo scenario più soft e gli altri costi associati

Se le prime due previsioni fanno temere un impatto pesante, il caso più positivo si registra invece qualora il Regno Unito dovesse riuscire a mantenere l'accesso al mercato comune europeo.

In tale eventualità, la perdita sul PIL potrebbe contenersi ad appena il 2% nei prossimi 15 anni. Bisogna però considerare che questi conteggi non tengono conto degli altri costi accessori che risulteranno inevitabili con il ritorno dei controlli doganali o gli altri adeguamenti necessari al termine del processo di distacco.

L'imbarazzo del Governo inglese e le sfide per il futuro del Paese

Le previsioni appena esposte sono il frutto di un documento che nelle intenzioni iniziali doveva restare segreto, per non mettere in imbarazzo il Governo rispetto alle possibili conseguenze economiche della Brexit. Di sicuro la pubblica diffusione è destinata a riaccendere il dibattito in corso, che nel Paese è rimasto oggetto di discussioni e colpi di scena anche dopo la votazione referendaria.

Appurata la decisione di staccarsi dall'Unione Europea, emerge infatti la questione della strategia da seguire per effettuare tale distacco. Una cosiddetta "Hard Brexit" potrebbe cogliere il favore di molti cittadini che si sono espressi in tal senso all'interno delle urne, ma espone l'economia a numerosi contraccolpi. Le sfide maggiori si concretizzerebbero nel momento in cui l'accordo definisse una contemporanea uscita sia dal mercato comune che dall'Unione doganale.

Le altre vie di uscita allo studio e i possibili accordi extraeuropei

Sullo sfondo non mancano le ricerche di soluzioni alternative, che però non sembrano in grado di offrire una vera e propria compensazione, ma solo un sostegno parziale al recupero dell'economia.

Si parla ad esempio di possibili accordi di scambio con gli U.s.a., oppure con altri partner commerciali, così come con diversi Paesi arabi, asiatici e con l'Australia. Tutte misure finalizzate a calmierare la perdita percentuale sul PIL accusata con la Brexit. Ma tra i diversi rischi c'è anche da considerare il fatto che Londra è ora vista come il principale centro finanziario d'Europa e la porta di accesso al mercato per chi si trova fuori dal Continente. Un ruolo che difficilmente potrà essere mantenuto nello stesso modo una volta che i giochi saranno fatti.