La sensazione era nell'aria ormai da diverso tempo. Il Pil cinese, negli ultimi anni è cresciuto a ritmi del 7% in media, con punte anche del 9 - 10%. La motivazione principale di questa crescita vorticosa era da ricercare in una bassissima regolamentazione dell'attività imprenditoriale e lavorativa, in una forte incentivazione degli investimenti esteri da parte del governo centrale. Ma, sopratutto, nella crescita esponenziale delle esportazioni.

Nonostante tutti questi fattori positivi per la crescita economica, la Cina aveva una classe media embrionale e larghe fasce della popolazione vivevano con un reddito estremamente basso e, nello stesso tempo, la loro produttività del lavoro per unità di prodotto non sembrava conoscere limiti.

Questo consentiva alla principale economia industrializzata occidentale, gli Stati Uniti, di mantenere il primato nei consumi mondiali. Ora, dai dati disponibili, sembra proprio che il 2018 segnerà una netta inversione di tendenza. Vediamo quali sono i dati e quali conseguenze a livello di economia e di occupazione possiamo attenderci nel prossimo futuro sia in Europa, ma sopratutto in Italia.

Le ragioni di questo sorpasso

Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Italia - Cina entro la fine del 2018 il Celeste Impero avrà totalizzato consumi per circa 5 mila e 800 miliardi di dollari, superando nettamente gli Stati Uniti, fermi a circa 4 mila miliardi di dollari. Ma quali sono le ragioni di questo improvviso exploit?.

In poche parole è entrato in gioco, e prepotentemente, un giovane ceto medio prevalentemente formato dagli appartenenti alla generazione degli anni 90 e che, indubbiamente, ha delle esigenze di consumo molto differenti dai propri genitori e sicuramente maggiori. Questo, ovviamente, influisce sullo stile di vita della popolazione in generale e sulle scelte di consumo.

Anche se, secondo Giuliano Noci, prorettore del polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, il Governo iniziasse a sviluppare una forma di Wellfare moderno la crescita potrebbe essere anche maggiore.

Le conseguenze sull'economia italiana e mondiale

Come mette in evidenza Alberto Forchielli, AD del fondo di private equity Mandarin Capital Partner, anche se lentamente ma il baricentro economico del pianeta si sta spostando sempre più verso est.

Ora le imprese di tutto il mondo non si recano più in Cina per delocalizzare le loro produzioni, ma per aggredire il mercato interno. E i rischi per un'economia come quella italiana, un po' refrattaria alle innovazioni, sono enormi. Sta, infatti, crescendo sempre più velocemente una vera e propria classe imprenditoriale cinese in grado di competere alla pari con i concorrenti stranieri, anche in settori di eccellenza prima ritenuti patrimonio esclusivo di un determinato paese o nazione.

Una sfida che deve essere raccolta e affrontata in termini di competitività e qualità del prodotto. Anche perché imporre restrizioni o dazi servirebbe veramente a poco. Nonostante, infatti, il Governo Cinese abbia imposto una tassa del 10% sulle auto di lusso importate dall'estero, in particolare dagli USA, una macchina americana su cinque è venduta proprio in Cina. Gli Stati Uniti, l'Unione Europea e l'Italia sono avvertite.