Dopo diversi mesi di attesa è finalmente stata emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio la sentenza, attesa sia dall'Agcom che dalle compagnie di servizi telefonici sulla periodicità della fatturazione. La sentenza, in effetti, può essere definita salomonica. Se, infatti, il Tar conferma che il periodo di fatturazione deve essere, obbligatoriamente, di periodicità mensile, nello stesso tempo blocca, in una certa maniera, i rimborsi a cui, secondo le direttive dell'Agcom e le disposizioni di legge, avrebbero diritto i consumatori.
Vediamo di chiarire la questione.
Le motivazioni del Tar
A seguito del mancato rispetto, da parte dei vari operatori telefonici, della cadenza mensile della fatturazione, l'Agcom a dicembre 2017 aveva iniziato a comminare delle pesanti sanzioni. Infatti, aveva inflitto ai quattro principali provider del mercato, cioè Tim, Vodafone, Fastweb e WindTre, una multa di circa 1 milione e 200 mila euro. Oltre, ovviamente, ai rimborsi che sarebbero dovuti essere erogati ai consumatori per ogni giorno di calcolo dei costi telefonici con la cadenza a 28 giorni.
Il Tribunale amministrativo regionale, comunque, ha ritenuto di dover, almeno per il momento, bloccare il pagamento di tali indennizzi in quanto avrebbero causato, a parere dei giudici, un onere eccessivo per le imprese telefoniche, causando un esborso milionario che ne avrebbe potuto pregiudicare la stessa esistenza.
Comunque, questo non vuol dire che la partita dei rimborsi possa dirsi conclusa. I giudici amministrativi si sono lasciati aperti la possibilità di rivedere la questione. La sospensione dei rimborsi, infatti, è soggetta a scadenza. Essa durerà, secondo quanto stabilito dal Tar Lazio, fino al 31 ottobre 2018. Di fatto, si tratta di una dilazione in favore delle compagnie che, in questo modo possono mettere in campo le necessarie modifiche per evitare di entrare in crisi.
D'altra parte, le sanzioni inflitte dall'Agcom sono state, tutte, pienamente confermate.
La difesa delle società telefoniche
Da parte loro gli operatori telefonici continuano a mantenere la propria posizione. La loro difesa, di fatto, si basa su tre aspetti fondamentali. In primo luogo, si sostiene, l'obbligo di trasparenza nei confronti dei consumatori sarebbe stato pienamente rispettato in quanto questi sarebbero stati informati di quanto spendevano ogni 28 giorni.
Inoltre, in secondo luogo vi sarebbe una base squisitamente giuridica nell'articolo 70 comma 4 del Codice delle Comunicazioni. Questo articolo detta le modalità di modifica dei prezzi da parte delle società telefoniche. Modalità che la fatturazione a 28 giorni avrebbe rispettato. Infine, la terza motivazione risiede nel fatto che, secondo gli operatori, la delibera di marzo dell'Agcom violerebbe la libertà d'impresa in quanto, di fatto, muterebbe dei prezzi sitabiliti liberamente e in modo concorrenziale in vere e proprie tariffe imposte da un'autorità superiore.
Queste argomentazioni non lasciano il tempo che trovano. Infatti, anche se il Tar del Lazio non le ha accolte sentenziando a favore dell'Agcom, gli operatori telefonici potrebbero ripresentarle in sede di un eventuale ricorso al Consiglio di Stato contro le sanzioni. La battaglia non può dirsi, quindi, ancora conclusa.