Non sono passate 72 ore dal viaggio in Italia, durante il quale il presidente turco Recep Erdogan ha magnificato gli eccellenti rapporti economici (30 mil.di di dollari di scambi commerciali annui) tra i due paesi, che la marina militare turca ha impedito alla nave italiana Saipen 12000, noleggiata dall’eni, di raggiungere l’area marina concessa dal governo cipriota per provvedere alle perforazioni di un esteso giacimento di gas, recentemente scoperto dall’ente italiano.

Erdogan contesta che l’area in questione ricada nella zona economica esclusiva di Cipro, come sancito dai trattati internazionali, che però la Turchia non riconosce.

Secondo il ministro degli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, il governo di Nicosia non avrebbe titolo di sfruttare i giacimenti marini di idrocarburi intorno all’isola (sia pure affidando ricerche e perforazioni a una società italiana), senza coinvolgere l’entità turco-cipriota di Cipro Nord, pur non essendo riconosciuta dalla comunità internazionale. Fermo restando che non appare possibile che non si sia parlato di ciò nei colloqui di pochi giorni prima tra lo stesso Erdogan e il governo italiano, cerchiamo di capire cosa spinga il presidente turco a tale gesto.

Una rete di gasdotti abilmente tessuta che rischia di essere inutile

In materia energetica, la Turchia dipende totalmente dalla Russia e dall’Iran, ecco perché, per quanto riguarda il conflitto siriano, si è progressivamente spostata dal campo occidentale a quello filo russo iraniano del suo nemico Assad.

Spostamento ancora agli inizi nell’estate 2016, al momento del tentativo di golpe in Turchia, che Erdogan attribuisce alla complicità degli Stati Uniti.

Negli ultimi anni, però, oltre ad approvvigionarsi clandestinamente di petrolio dallo Stato islamico, la Turchia è riuscita quanto meno a porsi come hub di passaggio di gasdotti di estrema importanza per gli Stati europei.

Entro il 2019, infatti, sarà completato il tratto sotto il Mar Nero del Turkish Stream, il gasdotto che dal porto russo di Anapa giungerà nella Turchia europea e poi in Grecia. Di lì mediante il progettato gasdotto TAP, il gas russo giungerà in Italia che lo smisterà in tutta Europa. Per questo l’Italia è considerata il miglior alleato di Ankara, quanto meno tra gli Stati UE.

Inoltre, è prevista la costruzione di un altro importantissimo gasdotto, detto ANAP, che, attraversando tutto il territorio turco, metterà in collegamento la produzione di gas azero del Mar Caspio con il TAP e, quindi, nuovamente con l’Italia. Purtroppo per Erdogan, le prospettive future della Turchia non sono proprio così rosee, in materia di import-export di idrocarburi.

Eni pigliatutto nel Mediterraneo orientale

La caduta dello Stato islamico, infatti, costringe nuovamente la Turchia ad approvvigionarsi di petrolio a costi superiori dai paesi dell’OPEC. Inoltre Gazprom, il colosso russo che realizza il Turkish Stream, ha in progetto una deviazione dello stesso, dalle acque del Mar Nero, verso la Bulgaria: di lì, verso l’Austria, tagliando la Turchia e, di conseguenza, l’Italia, almeno per quanto riguarda le esportazioni nell’Europa centrale.

Infine, l’ENI ha rinvenuto un enorme giacimento di gas nelle acque egiziane (Zohr) che permetterà alla stessa di rendere l’Italia indipendente dall’approvvigionamento di gas tramite la rotta russo-turca.

Nell’area, inoltre, era già presente il giacimento israeliano Leviathan e, più a nord, quello cipriota Aphrodite. Per lo sfruttamento di tali giacimenti, l’EU ha progettato il Corridoio meridionale del Gas, che metterà in comunicazione Israele ed Egitto con Cipro e, da lì, con le coste greche del Peloponneso, per poi giungere in italia. Una deviazione, inizialmente prevista, dal Leviathan alla Turchia (che avrebbe parzialmente emancipato Ankara da Gazprom) non sarà più realizzata, dati i pessimi rapporti tra Erdogan e Tel Aviv.

Quali saranno le prospettive future

Ecco perché lo sfruttamento di nuovi giacimenti a largo di Cipro, che taglino fuori ancora una volta la Turchia, diventa esiziale per Erdogan. Questo spiega la sua reazione “muscolare nei confronti della nave di ricerca dell’ENI. Come finirà la vertenza è facile ipotizzarlo: all’ENI interessa sfruttare le risorse e commercializzarle; non importa a quale acquirente.

Dopo una trattativa, la cui lunghezza dipenderà dalle circostanze politiche in atto, l’ENI acconsentirà di approvvigionare anche la Turchia (per la quale le esigenze di Cipro Nord sono solo un pretesto). L’unico incomodo è il legittimo governo cipriota di Nicosia, concessionario dell’area. Ma il presidente del Parlamento europeo (e, forse, futuro capo del governo italiano), Antonio Tajani, è già sceso in campo per rassicurarlo.