Il 21 marzo del 2015 il governo italiano ha sottoscritto il Trattato di Caen, che secondo i suoi critici prevederebbe la cessione di alcune porzioni di sovranità nazionale dell'Italia. Andando maggiormente nello specifico, tale trattato darebbe il via alla cessione al governo francese di acque territoriali della Sardegna, della Toscana e della Liguria. Inoltre, la cessione delle stesse acque territoriali avverrebbe senza nessuna contropartita e in tal modo, sempre secondo i critici del trattato, l'Italia si dimostrerebbe essere in condizione di 'sudditanza' economica e geopolitica rispetto alla Francia guidata da Emmanuel Macron.
La denuncia del politico sardo Mauro Pili: 'Il mare sardo venduto alla Francia'
Una delle prime proteste contro l'applicazione del Trattato di Caen è indubbiamente venuta dal noto politico sardo di 'Unidos' Mauro Pili. Come riportato sul sito dello stesso partito di Pili, il politico ha sostenuto che con il trattato si procederà alla 'cessione illegittima' di alcune porzioni del mare del Nord Sardegna al governo francese. Inoltre, il politico sardo ha lanciato una petizione sulla piattaforma online 'Change' per protestare contro tale evenienza e la sua proposta è appoggiata da diversi settori della società sarda, a cominciare dai pescatori che operano proprio in quelle acque.
Non solo mare, anche i giacimenti di petrolio verranno ceduti alla Francia
Alla base delle critiche indirizzate da più parti contro il Trattato di Caen non vi è solo la contesa sulle acque territoriali. Difatti, vi è anche la questione energetica relativa allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi e del gas. Il fatto è che, grazie a un cavillo contenuto nello stesso medesimo trattato, il governo italiano si avvierebbe a cedere a quello francese la 'mega riserva' di gas "da 1,4 trilioni di metri cubi di gas e da 0,42 miliardi di barili di petrolio".
Indubbiamente, c'è da dire che si tratterebbe di una seria cessione di porzioni di sovranità italiana e bisogna anche segnalare che sino ad ora risultano essere ancora troppo deboli le proteste verso tale accordo, specialmente da parte del mondo della politica. Le uniche componenti della nostra società a inveire sono state quelle direttamente coinvolte dall'accordo (perchè indirettamente siamo tutti coinvolti), quindi come già sottolineato i pescatori che lavorano nella zona e alcuni politici sardi. Decisamente troppo poco per un paese che ancora una volta dimostra di non essere unito nei momenti del bisogno.