Nulla di fatto al termine del maxi tavolo voluto dal ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio con i vertici di ArcelorMittal e 62 sigle tra associazioni ed enti locali.
I miglioramenti proposti dal colosso dell'acciaio non sono stati ritenuti sufficienti dal vicepremier che ha affermato che "il governo non ha nessuna intenzione di regalare l'azienda al primo che passa".
Si delinea così il rischio che venga invalidata la gara che a giugno 2017 ha visto ArcelorMittal a capo della cordata che si è aggiudicata l'Ilva.
Ma chi sono i protagonisti della vicenda e cosa chiede il governo al potenziale acquirente?
I numeri della ArcelorMittal
La ArcelorMittal è una società siderurgica e mineraria leader a livello mondiale, uno dei cinque maggiori produttori di minerale di ferro e carbone metallurgico. Guidata dal multimiliardario indiano Lakshmi Mittal, l' 82° uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di 13,5 miliardi di dollari, è presente in 60 paesi e ha siti industriali in 19 nazioni.
Il gruppo conta circa 200mila dipendenti e ha chiuso l'anno 2016 con un utile netto di quasi 2 miliardi di dollari e un margine operativo lordo di oltre 6 miliardi. In Italia la ArcelorMittal è già presente con due impianti di laminazione, uno a Piombino (ex Magona) e uno ad Avellino per la produzione di acciai sottili zincati e pre-verniciati, un centro servizi a Canosa in Puglia e sette siti di distribuzione (Avellino, Flero, Marcon, Monza, Rieti, Torino e Udine).
ArcelorMittal, oltre ad essere un colosso della produzione siderurgica, è anche attiva nel mercato della fornitura di acciaio per l'industria automobilistica e per i settori delle costruzioni, degli elettrodomestici e degli imballaggi.
Il 5 giugno 2017 ArcelorMittal insieme al gruppo Marcegaglia ha vinto la gara internazionale per rilevare l'Ilva.
Il piano Mittal per convincere Di Maio
Il governo chiede al colosso indiano di annullare le emissioni nocive emesse dagli impianti e la garanzia di riassumere tutti e 14mila i dipendenti dell'acciaieria italiana, che si trova ora in amministrazione straordinaria dal 2015 a seguito dell'indagine iniziata nel 2012 per inquinamento.
Nel piano presentato dall'azienda di Lakshmi Mittal ci sarebbero impegni apprezzabili dal punto di vista ambientale ma non altrettanto sul fronte occupazionale. Nell'accordo la società garantirebbe l'assorbimento di 10mila dipendenti, proposta ritenuta insufficiente dai sindacati che vorrebbero la riassunzione di tutti i 14mila lavoratori.
Nel documento presentato si fa un rapido accenno al tema dell'occupazione nel passaggio in cui l'ArcelorMittal si impegna a raggiungere una soluzione idonea per ciascuno degli attuali lavoratori Ilva insieme a tutte le parti interessate e considerando la sostenibilità del Piano Industriale.
Sul fronte ambientale l'obiettivo presentato da ArcelorMittal è di raggiungere, entro il 2023, una riduzione del 15% delle emissioni di CO2 per tonnellata di acciaio liquido.
L'azienda si impegna inoltre ad utilizzare fonti alternative al carbone se gli stabilimenti supereranno le 8 milioni di tonnellate di acciaio prodotte. Un aumento di produzione comporterà quindi la possibilità di produrre a gas o con fonti alternative. Tra i punti presentati nel documento il gigante asiatico intende eliminare le fonti di inquinamento attraverso l'implementazione di misure di Tutela ambientale come l'abbattimento di polveri e diossine tra il 30 e il 50 per cento e la riduzione del 15 per cento dei consumi d'acqua entro il 2023. Altro intervento importante consiste nella raccolta e trattamento delle acque piovane in tutto lo stabilimento e il porto. L'intervento servirà a eliminare completamente il rischio di scarico di acque inquinate, anche attraverso la pavimentazione dei parchi.
Su quest'ultimo argomento l'azienda vuole anticipare i tempi di realizzazione degli interventi ambientali previsti, tra cui la copertura dei parchi, per salvaguardare la salute dei cittadini.
Ma tutto questo non è bastato a convincere il ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro che ritiene la proposta ancora insoddisfacente. ArcelorMittal ribadisce in una nota che questa nuova proposta rappresenta quanto di meglio l'azienda possa offrire nelle aree chiave di intervento indicate ed è da ritenersi definitiva e non modificabile ulteriormente.
Il futuro dell'Ilva
Leggendo il rapporto di Federacciai, la federazione che rappresenta le imprese italiane del settore della siderurgia, si può comprendere l'importanza dell'industria siderurgica nel nostro Paese e dell'Ilva, che rappresenta il maggior complesso industriale per la lavorazione dell'acciaio in Europa.
L'Italia infatti esporta ogni anno merci per circa 550 miliardi di euro, di cui 450 miliardi derivanti quasi totalmente da industrie che utilizzano l'acciaio. Rinunciare alla produzione di acciaio in Italia vorrebbe dire dover acquistare la materia prima da Paesi concorrenti, soprattutto Cina e Germania.
Nel 2016 l'Ilva di Taranto ha prodotto 5,8 milioni di tonnellate di acciaio, che rappresentano solo il 50% della totale capacità produttiva degli impianti, garantendo l'occupazione di 14mila dipendenti. Il fatturato prodotto è stato di più di 2,2 miliardi di euro, numeri importanti che non possono essere non tenuti in conto nella decisione sul futuro dell'impianto.
Il termine ultimo per la chiusura dell'acquisizione dell'Ilva da parte di ArcelorMittal è fissato per il prossimo 15 settembre. Per ora l'accordo non è stato trovato e la strada sembra purtroppo essere tutta in salita.