Oggi sono stati pubblicati i dati Istat sull'occupazione italiana, che fanno segnare un calo dei disoccupati nel nostro Paese. Ma i dati sui posti di lavoro creati quest'anno e sugli inattivi rappresentano l'altra faccia della medaglia. di un'economia in rallentamento.

I dati Istat e una contraddizione apparente

I numeri di oggi ci dicono che la disoccupazione scende a luglio al 10.4%, ma di contro cala anche il numero degli occupati dello 0.1%. Come è possibile? I due dati nonostante l'apparente contraddizione si spiegano con l'aumento degli inattivi, cioè di coloro che sono rimasti senza lavoro e hanno deciso al momento di non cercarne un altro.

Costoro, escono dalle statistiche ufficiali sulla disoccupazione, assottigliando così la base numerica sulla quale vengono fatti i calcoli. Ecco perchè, pur calando gli occupati cala anche la disoccupazione.

Chi ci rimette sono le donne

Se guardiamo i dati scomponendoli ci accorgiamo subito che il calo degli occupati è determinato da quello dell'occupazione femminile, con un calo molto forte dei dipendenti a tempo indeterminato (-44.000), mentre crescono di 8.000 unità i contratti a tempo determinato e le partite Iva.

Un mercato del lavoro sempre più 'precarizzato'

Questi ultimi tre dati c'introducono a quello che è niente altro che la conferma dei mutamenti epocali in atto nel mondo del lavoro.

Infatti, se prendiamo in esame i dati anno su anno, vediamo che da luglio 2017 a luglio 2018 abbiamo avuto 277.000 occupati in più. Ma attenzione alla composizione di tale numero: esso e la risultante di 336.000 nuovi contratti a termine, di 86.000 nuovi liberi professionisti, che si sommano ai -122.000 contratti a tempo indeterminato che sono spariti dal mondo del lavoro.

Cosa dicono i dati

Quindi, tirando le somme, i numeri sia congiunturali che tendenziali, ci parlano di un mercato del lavoro sempre più orientato alla flessibilità imposta dai cicli economici e dai reali bisogni delle aziende. L'effetto del Jobs Act è chiaramente finito insieme agli sgravi, e il nostro Paese ha urgente bisogno di passare dai vecchi modelli di welfare centrati sul posto a vita, a modelli che tengano conto del fatto che ormai le persone possono subire periodi anche prolungati di disoccupazione, alternati a fasi lavorative con contratti a termine.

La sfida è passare dalle attuali politiche passive del lavoro a quelle attive che promuovano una formazione continua delle persone, ed un rapido ricollocamento nel mondo del lavoro per chi resta senza. La riforma del Collocamento è quanto mai necessaria.