Una delle questioni più rilevanti per il futuro dell'economia italiana ha sicuramente a che vedere con i trend demografici che vedono per il nostro paese un calo della popolazione attiva, dovuto al rilevante numero di lavoratori che ogni anno lasciano la penisola e al basso tasso di natalità e all'anzianità media della popolazione, tra le più alte nei paesi sviluppati.
In quest'ottica, posto che le solo energie dei residenti non sono sufficienti a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, diventa fondamentale sviluppare una regolamentazione dei flussi migratori che tenga conto delle esigenze produttive del paese.
A questo proposito, il luogo comune in base al quale i migranti sottrarrebbero dei posti di Lavoro ai quali potrebbero essere interessati i nativi, si conferma falso: tutta l'evidenza statistica disponibile mostra come le attività lavorative che gli immigrati svolgono tipicamente, siano diverse da quelle ricercate dai nativi, poiché questi ultimi preferiscono mansioni più qualificate.
Sul perché l'immigrazione ci conviene
Lo scorso 11 luglio, si è tenuto a Montecitorio un convegno a supporto di un progetto di legge di iniziativa popolare, volto a promuovere l'inclusione sociale e l'inserimento lavorativo dei migranti provenienti da paesi esterni all'Unione europea. Tra i relatori è intervenuto, in rappresentanza della Banca d'Italia, Luigi Cannari, vicecapo del dipartimento economia e statistica.
Basandosi sulle tendenze demografiche attualmente osservabili, il prodotto interno lordo potrebbe ridursi dell'11,5% entro il 2060, e questo avrebbe conseguenze disastrose sul profilo di sostenibilità del debito pubblico rispetto al Pil. Per controbilanciare quest'effetto, la produttività del nostro paese dovrebbe crescere dello 0,3% all'anno, una misura superiore a quanto osservato per la nostra economia negli ultimi vent'anni.
Assumendo uno scenario con saldo migratorio pari a zero, l'incremento di produttività necessario a stabilizzare il Pil aumenterebbe di tre volte, una prospettiva oltremodo irrealistica. Ne consegue che abbiamo bisogno di un flusso rilevante di lavoratori dall'estero per dare al nostro paese una prospettiva credibile di crescita sostenibile nel tempo.
Questi lavoratori potranno compensare il trend demografico di calo della popolazione attiva, e non daranno luogo ad alcun effetto-sostituzione rispetto ai nativi che ricercano e svolgono mansioni diverse. Anzi, è possibile che si verifichi un effetto positivo, perché la specializzazione degli immigrati in alcune attività come, ad esempio, la cura degli anziani, potrebbe "liberare" alcuni soggetti - soprattutto le donne - da incombenze che impediscono ad oggi di entrare nel mondo occupazionale.
Contro la propaganda razzista
È di tutta evidenza che, in un paese dove la crescita economica langue da decenni e la disoccupazione rimane elevata, le argomentazioni che vorrebbero attribuire a forze esterne le disgrazie nostrane possono apparire molto attraenti.
Di questo malcontento si nutre il successo delle forze politiche populiste. Per questo motivo, è ancor più importante diffondere una corretta informazione e far capire a una più ampia fascia di popolazione possibile quale sia la reale portata dei flussi migratori per il futuro del nostro paese.
La nostra economia cresce poco, la popolazione invecchia e le finanze pubbliche sono caratterizzate da squilibri rilevanti. Un flusso regolare e controllato di nuovi lavoratori provenienti dall'estero è necessario e fondamentale per sopperire alle carenze di manodopera nelle attività che i nativi non vogliono più svolgere e per controbilanciare i trend demografici che, in alternativa, potrebbero portarci verso una situazione di dissesto del paese.