L'intreccio che affligge l'agricoltura pugliese si presenta sotto forma di sbagli amministrativi, cambi di giunta e di capi dirigenti, di ricorsi al Tar e di sentenze da parte di giudici amministrativi, così la regione rischia di perdere, almeno per quest'anno, i fondi dell'Unione Europea destinati al settore primario. Un quadro tratteggiato anche in una lettera indirizzata a Gianluca Nardone (direttore del Dipartimento Agricoltura della Regione), da parte di Jerzy Plewa (commissario UE). Quest'ultimo, in estrema sintesi, ha voluto avvertire Nardone ed Emiliano che, se in un lasso di tempo relativamente breve, non si riesce a spendere la cifra stabilita e conforme al Psr (Piano di Sviluppo Regionale), la regione dovrà restituire a Bruxelles parte dei fondi stanziati per l'agricoltura.
Ma come si è potuto arrivare al punto di non sapere spendere i soldi destinati alla produzione agricola nella regione che, per quanto riguarda questo settore, si è sempre presentata come il fiore dell'occhiello della penisola italiana? Di seguito cercheremo di rispondere a questa domanda descrivendo le dinamiche più essenziali e incentrando la nostra attenzione sul Psr, il documento necessario allo stanziamento dei fondi.
Il Psr, dalla giunta di Vendola a quella di Emiliano
Le misure più rilevanti e importanti del Psr in Puglia sono quelle circoscritte al settore agricolo, ovvero, quelle che corrispondono alla numero 4 e alla numero 6. Due misure che messe insieme costituiscono un terzo del Psr nella sua interezza.
I soldi giungono per il 60% dal fondo Feasr dell'Unione Europea, mentre l'altro 40% proviene da stanziamenti nazionali e regionali. Per la regione la prima cosa da fare affinché si possano ottenere questi soldi è stendere una dichiarazione di intenti, un programma, che dovrà poi ricevere l'approvazione dai servizi della Commissione Europea.
Il programma potrà anche subire modifiche in corso d'opera (come del resto la regione Puglia ha fatto, modificando il programma una decina di volte), poi si dovrà procedere effettuando dei bandi per ogni sottomisura. Per quanto riguarda la stesura delle regole in base alle quali si deciderà come distribuire le risorse a disposizione, la regione ha il pieno arbitrio.
Il Psr 2014/2020 ha ricevuto l'approvazione dalla giunta guidata da Nichi Vendola, quando l'autorità di gestione era affidata a Gabriele Papa Pagliardini, che oggi si ritrova a capo dell'agenzia del Ministero dell'Agricoltura. Con il subentro di Michele Emiliano al posto di Vendola, Gabriele Papa Pagliardini è stato sostituito con Gianluca Nardone, un docente universitario che svolge la sua mansione all'Università di Foggia. Il professor Nardone ha cercato di mettere in pratica un metodo di valutazione obiettivo per le proposte di investimento ma, evidentemente, il metodo non ha avuto il successo sperato, anzi.
Il blocco dei finanziamenti
Le domande presentate per ricevere i fondi che dovevano essere erogati grazie al Psr sono state analizzate dall'Ipe (l’incremento di performance economiche) e giudicate come "ai limiti della truffa".
L'Ipe è un indicatore di valutazione pensato per misurare la bontà degli investimenti che dovranno essere erogati col Psr: questo indicatore, in sostanza, ha riscontrato che tantissime domande sono state dichiarate con redditività enormi, probabilmente allo scopo di avere un più alto piazzamento nelle graduatorie e ricevere, dunque, stanziamenti più elevati da parte del Psr. Questi vari aggiramenti nella presentazione delle domande hanno spinto molte persone - che vedevano le loro domande piazzate nei posti più bassi della graduatoria - a rivolgersi al Tar e a presentare ricorso. Dai ricorsi al Tar è emerso che il 73% delle domande della sottomisura 4-1a non resta nei parametri prestabiliti risultando, dunque, incongrue. Estendendo i parametri dell'Ipe agli altri bandi il problema è persistito ed è per questo che il giudice amministrativo ha infine bloccato i finanziamenti del Psr.