La società di consulenza Price Waterhouse Coopers (PWC) ha dedicato l'ultimo numero del suo report periodico sul mercato italiano dei crediti deteriorati (Non Performing Exposures o NPE) alle conseguenze della pandemia in corso e ha scelto un titolo particolarmente indicativo: "Ready to face the crisis" (pronti ad affrontare la crisi).

In sintesi gli effetti per l'economia italiana saranno rilevanti (calo nell'ordine del 9-10% del PIL) e comporteranno una crescita delle insolvenze e dei fallimenti che porterà nuovi flussi di crediti deteriorati nei prossimi 18 mesi per un controvalore lordo compreso tra i 60 e i 100 miliardi di euro.

Il segmento su quale si concentrerà la maggiore attenzione è quello dei crediti con minore grado di deterioramento, incagli secondo la classificazione tradizionale e Unlikely To Pay (UTP) nella terminologia più diffusa: per queste posizioni la sfida più importante è riuscire a distinguere le situazioni di temporanea difficoltà dai casi di conclamata insolvenza.

Una rilevante inversione di tendenza

Dopo aver raggiunto il picco storico di circa 340 miliardi nel 2015 (a partire da un livello intorno agli 80 negli anni precedenti alla crisi del 2008) , le banche italiane hanno lavorato duramente per ridurre il peso dei crediti deteriorati in bilancio portandoli a circa 135 alla fine del 2019.

Nel corso di questo rilevante processo di ristrutturazione e consolidamento di bilancio, gli istituti di credito hanno anche rafforzato la propria base patrimoniale e migliorato i processi di gestione del credito, mentre veniva a crearsi un vero ecosistema di operatori specializzati per facilitare la dismissione e la gestione dei crediti al di fuori del perimetro delle banche tradizionali.

Questo percorso virtuoso si è scontrato con l'evento eccezionale della pandemia dovuta al Covid-19 in seguito alla quale è plausibile che si verifichi un'inversione di tendenza con una nuova e rilevante crescita dei crediti non performing. I consulenti di PWC stimano nuovi flussi nei prossimi 18 mesi compresi tra 60 e 100 miliardi.

La sfida degli UTP

Nel fronteggiare le conseguenze di questo evento eccezionale il segmento più problematico e sfidante è costituito dalle posizioni classificate come Unlikely To Pay (UTP).

Si tratta di posizioni per le quali lo stato di insolvenza della controparte non è conclamato come avviene per i deteriorati di qualità peggiore (Non Performing Loans o NPL), ma costituisce un evento con una probabilità piuttosto elevata.

A tal proposito le banche dovranno trovare dei criteri affidabili per identificare i clienti da supportare per scongiurare il fallimento da quelli per i quali invece non è possibile evitare il dissesto.

A questo proposito sarà necessario che gli istituti bancari e gli operatori specializzati nella gestione del credito mettano a punto presidi e competenze relativamente nuovi rispetto al passato in modo da far fronte alla maggiore numerosità (e minore dimensione individuale) di questi crediti.

Le prospettive del mercato

La conformazione dell'intero mercato, dal punto di vista degli investitori che acquistano i crediti e delle società specializzate nella gestione dovrà pertanto adeguarsi ai cambiamenti in corso spostando l'attenzione dalla consistenza storica dei crediti deteriorati (oggetto della ristrutturazione avvenuta tra il 2015 e il 2019) ai nuovi flussi.

Sommando i crediti detenuti da società veicolo a quelli presenti nei bilanci bancari si stima un controvalore di circa 350 miliardi per la fine di quest'anno. La differenza più importante rispetto a quanto è accaduto dopo la crisi del 2008, è che oggi esiste una vera e propria industria della gestione del credito che potrà affrontare in modo più efficace e veloce la nuova ondata in arrivo.

È inoltre plausibile che ci sia un impatto sul mercato immobiliare, con prezzi potenzialmente in calo, almeno per un periodo temporaneo, e con evoluzioni geografiche e settoriali che dovranno essere attentamente valutate dagli investitori.

Ultimo elemento da considerare è dato dagli schemi di sostegno pubblico e dal contributo che daranno alla ripresa dell'economia.

In particolare è fondamentale valutare quanto intensa e graduale sarà la rimozione delle misure introdotte a fronte dall'emergenza e capire se ci saranno anche soluzioni per attenuare le conseguenze "sistemiche" di lungo periodo.