Per la serie Blasting Talks intervistiamo Francesco Iezzoni, CEO di Palestre Italiane. L’azienda rappresenta un network di Fitness Club interamente Made in Italy.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks Italia.

Com’è nata l’idea di creare un network di palestre italiane e qual è il vostro obiettivo?

L’idea è nata dalla constatazione che sul mercato “un network di palestre italiane” semplicemente non c’era. Da una parte catene di multinazionali straniere, dall’altra piccole realtà a gestione quasi familiare. Così ci siamo detti: “proviamoci”. Siamo nati nel 2017. Dal 2018 al 2021 siamo stati giudicati dai consumatori italiani “il miglior network di Fitness Club in Italia” per qualità del servizio, secondo un’indagine condotta dall’Istituto Tedesco Qualità e Finanza. Un risultato più significativo sarebbe stato difficile da immaginare. L’obiettivo è quello di provare a confermarci. Non sarà semplice, ma dopo gli ultimi due anni è una sfida che non ci spaventa.

Quali servizi offrite nello specifico ai vostri iscritti?

Tutti gli abbonamenti prevedono l’accesso OPEN all’area fitness, ai corsi collettivi e, dove presenti, alla piscina e all’area relax. È anche disponibile il servizio di personal training per richieste di percorsi specifici. I soci hanno anche a disposizione gratuitamente la nostra app Palestre Italiane, sviluppata insieme a Technogym per gestire ovunque l’allenamento, connetterlo con i propri wearable device o essere monitorati in remoto dal proprio trainer.

Gli ultimi anni sono stati molto difficili per il comparto: in che modo la pandemia ha cambiato la vostra attività e qual è oggi la realtà delle palestre in Italia?

La pandemia è stata (e in parte è ancora) uno tsunami di proporzioni devastanti. Tante realtà, le meno strutturate, non hanno retto a due anni di chiusure e aperture intermittenti.

Dal punto di vista pratico, noi continuiamo a proporre il nostro modello tecnico basato su qualità dell’offerta di allenamento, connettività e competitività dei costi. Rispetto al periodo pre-pandemico, abbiamo incrementato la flessibilità dei piani tariffari.

Come considerate il fenomeno dell’home gym e dell’esplosione di app per l’allenamento avvenuto nell’ultimo anno e mezzo?

Si tratta di tendenze già presenti da diversi anni, con la pandemia il loro boom era ampiamente atteso. Per quanto ci riguarda, è un fenomeno che non ha particolari impatti sul business. Il nostro modello tecnico prevede già dal 2017, grazie all’app, l’integrazione dell’allenamento tra palestra, home e outdoor. Siamo assolutamente convinti, in un’ottica di lifestyle attento e consapevole, che il proprio percorso non si esaurisca all’interno del Fitness Club.

Ma riteniamo che la supervisione tecnica di un professionista sia sempre più sicura ed efficace del “Fai da te”.

Qual è l’impatto economico e sociale del fitness e quale futuro vedete per le imprese del settore nei prossimi anni?

In Italia il fitness rappresenta un pezzo importante dell’economia. Una realtà con un volume d’affari di oltre 2.4 miliardi di euro, che coinvolge oltre 200 mila famiglie tra palestre e indotto. Anche solo per questo, avrebbe meritato una maggiore attenzione e un sostegno economico più “serio” durante la pandemia. Ma la ragione fondamentale per cui il fitness dovrebbe essere considerato “centrale” dal legislatore è il suo ruolo “sociale”. Come presidente FIT.COMM - l’associazione che raggruppa i principali player del settore - mi sto battendo perché le palestre e lo sport di base vengano riconosciuti come un presidio di salute pubblica.

Per quale motivo e in che modo?

Allenarsi in queste strutture significa assumere una sorta di “farmaco preventivo” contro le più diffuse patologie cardiovascolari. Chi si allena con continuità migliora la propria salute, si ammala di meno e contribuisce così ad abbattere la spesa sanitaria del Paese. Per questo chi lo fa dovrebbe poter detrarre la propria spesa, così come avviene per i farmaci “tradizionali”. E alle imprese dovrebbe essere riconosciuta una conseguente rimodulazione delle aliquote fiscali. È un intervento fondamentale, senza il quale è difficile pensare che il business possa mantenere la sua sostenibilità nel medio periodo. Anche alla luce dell’aumento dei costi di gestione dovuti ai rincari energetici.

Dall’inizio del 2022 abbiamo comunque assistito a un’importante ripresa della domanda: nei primi tre mesi in Palestre Italiane le nuove iscrizioni sono cresciute di quasi il 30% rispetto al 2019. Per questo, nonostante il contesto di grande incertezza, continuo a credere nel futuro.

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