Con l'accordo raggiunto nei giorni scorsi fra Parlamento e Consiglio europeo, si va delineando il nuovo assetto del sistema finanziario europeo che dovrebbe garantire una maggiore stabilità e integrazione.

Fra mille difficoltà, prende corpo l'innovazione europea da molti considerata la più importante dall'introduzione dell'euro. Innovazione che se fosse stata in vigore nel 2008 avrebbe evitato gli effetti più disastrosi della crisi finanziaria che ha sconvolto l'Europa negli ultimi 5 anni. L'Europa si dota con ritardo di uno schema di riferimento con cui trattare a livello continentale le questioni bancarie per evitare che si ripetano in futuro le criticità che stanno traumatizzando una larga parte dei cittadini europei e da cui lentamente si sta cercando di uscire.

Sotto l'ombrello giurisdizionale comunitario finiranno tutti gli operatori a rilevanza sistemica: circa 200 banche transnazionali e tutte le130 grandi banche europee.

L'unione bancaria si fonda su tre pilastri, di cui due comunitari: unasupervisione unica del sistema bancario sotto l'egida della BCE, il meccanismo unico di risoluzione bancaria con cui regolare in maniera uniforme le crisi bancarie continentali e unagaranzia europea illimitata sui depositi bancari fino a 100 mila euro. Quest'ultima sarà fornita attraverso il coordinamento degli appositi fondi nazionali la cui gestione, contrariamente a quanto auspicato dalla Commissione Barroso, resta però di competenza dei singoli Stati membri.

Il meccanismo unico di risoluzione (Srm) uscito dall'ultimo round negoziale con gli eurodeputati vede un rafforzamento del ruolo di supervisione tecnica della BCE e una semplificazione della governance: il consiglio esecutivo del board sarà composto da 5 membri permanenti e si occuperà dei casi normali (fino a 5 miliardi di euro di controvalore) mentre il consiglio "plenario" allargato ai rappresentanti nazionali si occuperà di gestire le situazioni più complesse.

In questo modo le decisioni dovrebbero risultate più tempestive in caso di crisi e permettere il dispiegamento di soluzioni "entro il fine settimana".

Il fondo di risoluzione (Srf) avrà una dotazione finale di 55/60miliardi di euro, sarà finanziato dal sistema bancario europeo e servirà a liquidare/ristrutturare le banche "zombie".

La tempistica prevede che andrà a pieno regime in 8 anni invece dei 10 inizialmente previsti mentre le risorse conferite nei fondi nazionali saranno mutualizzate più velocemente (al 40% nel primo anno e al 60% nel secondo). La fase di transizione terminerà nel 2025 e durante questo periodo potrà disporre di ulteriori linee di credito di salvaguardia.

La trasformazione del sistema finanziario europeo si basa sull'introduzione del principio del bail-in attraverso il quale viene stabilita la gerarchia delle responsabilità patrimoniali nell'eventualità di una crisi bancaria: dei costi per operare ristrutturazioni/liquidazioni risponderanno in prima battuta azionisti, obbligazionisti e depositi sopra i 100 mila euro (con un limite al 8% dell'attivo), in seconda battuta interverrà il sopracitato fondo che dal 2016 verrà progressivamente costituito dalle banche (con limite del 5% dell'attivo).

I bilanci pubblici non saranno pertanto più chiamati a ripianare le perdite generate dal settore finanziario se non in maniera residuale e comunque non più a livello nazionale ma all'interno di un quadro comunitario. Questo dovrebbe evitare che una eventuale crisi bancaria possa sfociare in una crisi di finanza pubblica a seguito di salvataggi nazionali a carico dei contribuenti come è avvenuto in questi anni. Al principio del bail-in che opera ex-post si aggiungono altri due presidi ex-ante: il rafforzamento patrimoniale previsto dalla normativa di Basilea III e la vigilanza della BCE sulla stabilità del sistema bancario europeo.

Questa complessa trasformazione del sistema bancario dovrebbe consentire da un lato di ripartire il rischio sistemico a livello continentale ed eliminare quindi la frammentazione del mercato europeo dei capitali e dall'altro evitare che le perdite derivanti da future crisi del settore finanziario vengano ripianate dai contribuenti.

L'accordo raggiunto altro non è che un faticoso compromesso fra due visioni contrapposte dell'Europa: una confederativa sul modello del condominio rissoso dove prevale l'approccio nazionale ragionieristico e un'altra di tipo federativo, tutta da costruire, basata sul modello cooperativo di cogestione del mercato interno.