Prosegue il disegno americano di cercare di isolare la Russia prolungando le sanzioni su basi pretestuose. Tutti sanno bene che non c'è un'invasione russa in Ucraina, ma è Kiev che non implementa la parte degli accordi di Minsk che prevede le elezioni nei territori controllati dalle milizie e le modifiche della Costituzione. Nonostante gli accordi scritti, il presidente Poroshenko, per paura di essere accusato e fatto fuori dai gerarchi del regime fascista che hanno preso il potere in modo violento e sanguinario a marzo del 2014, ha annunciato, in barba a quanto stabilito dagli accordi di Minsk 2, che non concederà nessuno status speciale alle regioni ribelli dell'est.

La situazione però non è tranquilla neanche ad Ovest, tanto che il governo dell'Ungheria è molto preoccupato e tramite il suo portavoce annuncia che se nei confronti degli ungheresi della Transcarpazia ci saranno dei soprusi, il governo di Budapest ospiterà tutti coloro che saranno costretti a fuggire dall'Ucraina. Intanto, la Russia è corsa ai ripari contro le sanzioni occidentali facendo degli accordi con le potenze emergenti Brasile, India, Cina e Sud Africa e in prospettiva con l'Iran, quasi ad isolare l'Occidente. Parlano chiaro l'associazione Brics ed i contratti con la Cina per 700 miliardi di dollari, ed il fatto che la Russia abbia ormai sorpassato l'Arabia Saudita, diventando il più grande fornitore della Cina in materia di petrolio greggio.

In Europa, Mosca ha trovato un'ottima alternativa al progetto South Stream, firmando con il governo greco un contratto da 2 miliardi di dollari per la costruzione del gasdotto SEEP che non è altro che la continuazione del Turkish Stream ed è anche in progetto di abbandonare il dollaro come valuta per le transazioni internazionali.

Tutto questo, mentre l'Europa è profondamente divisa e senza un'identità. Attanagliata da problemi che mettono a rischio anche la sua futura esistenza, con la Grecia più fuori che dentro l'Europa, con l'Ucraina che mangia un mare di risorse per finanziare la guerra civile, l'Isis alle porte e l'invasione dei migranti dall'Africa.

Mentre l'America che non vuole rassegnarsi ad aver perso la leadership mondiale continua ad urlare e minacciare l'uso della forza per cercare di incutere paura. Stavolta, però, gli scenari sono molto diversi e i suoi generali sanno bene che una eventuale guerra, sia economica che militare, l'America si ritroverebbe a combatterla nel proprio territorio e non solo nella vecchia Europa.