Secondo i dati del Viminale, dal 1 gennaio al 2 agosto 2017, è stato registrato un calo del 2,73% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tra i motivi che hanno favorito questo calo concorre sicuramente la chiusura dei porti nei giorni del G20 a Taormina, che si è tenuto dal 26 al 27 maggio scorso, o ancora, ai ferrati controlli dovuti alle polemiche concernenti il ruolo ambiguo svolto da alcune Ong (organizzazioni non governative) nell'azione di soccorso e salvataggio in mare. Il ministro degli Interni, Marco Minniti, sostiene che un tale cambiamento è stato possibile grazie alla Guardia Costiera e ai sindaci libici che tentano con ogni mezzo di porre un freno agli arrivi.

Qual è stato l'evento capitale che ha avuto come conseguenza un calo di migranti?

Siffatta strada è stata facilitata dall'accordo del 2 febbraio scorso firmato dal premier Gentiloni e da Fayez al Sarraj, Presidente del Consiglio Presidenziale e Primo ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia. "L'Unione Europea ha dimostrato di essere capace di chiudere le rotte di migrazioni irregolari, è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia", ha detto Donald Tusk, il Presidente del Consiglio europeo al termine dell'incontro a Bruxelles.

I presupposti ci sono - aggiunge - ma per riuscirci, la prerogativa principale è la piena determinazione: è un dovere, prima di tutto, nei confronti di quanti soffrono e rischiano la vita, ma anche nei riguardi e negli interessi degli italiani e di tutto il popolo europeo.

Uno dei punti focali dell'accordo con Fayez al Sarraj è la questione degli aiuti economici. Il presidente del governo di unità nazionale promosso dall'Onu, infatti, incentra il suo discorso sul numero colossale di morti che ci sono in Libia a causa della battaglia contro il terrorismo. Pertanto si richiede un intervento da un punto di vista economico: non si tratta di una cifra esorbitante di denaro, bensì di cifre modeste.

Risulta necessario e fondamentale, dunque, che le autorità italiane forniscano supporto tecnico e tecnologico e provvedano sia al miglioramento delle condizioni dei centri di accoglienza in Libia sia alla formazione del personale che vi lavora.

Il disaccordo dell'Unhcr

Contro questo accordo si è schierato l'Unhcr, l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, con le parole di Vincent Cochetel, che ammonisce una tale "strategia": in Libia non ci sono centri o campi per i rifugiati, ma solo prigioni controllate da autorità o da trafficanti e vi sussistono condizioni orribili.

C'è soltanto la speranza che un giorno saranno a disposizione di questi individui centri decenti per il momento inesistenti.

Tuttavia, per essere sicuri dei risultati raggiunti bisognerà attendere i prossimi mesi e, ancor di più, il prossimo anno.