Leopoli - Nell’ultimo mese, a partire dall’invasione russa, più di tre milioni di persone sono fuggite dall’Ucraina, in quella che è la peggiore crisi dei rifugiati in Europa dai tempi della Seconda guerra mondiale. È stato ampiamente documentato come internet in generale e i social network in particolare giochino un ruolo centrale nel conflitto: mentre in Russia Facebook, Twitter, TikTok e Instagram sono stati bannati, gli ucraini in possesso di uno smartphone funzionante stanno documentando giorno per giorno la guerra e i bombardamenti sulle città, o stanno cercando riparo nei Paesi vicini. E per chiedere aiuto, o sposare la causa della resistenza, molti di loro utilizzano Tinder.

Tinder per fuggire dalla guerra

La popolarissima app inventata per fare incontrare sconosciuti con pochi, rapidi passaggi è inondata in questi giorni da messaggi patriottici, immagini nel profilo colorate con la bandiera ucraina, ma anche uno spazio dove la domanda e l’offerta di rifugi sicuri dove vivere in pace si incontrano, in attesa che la guerra finisca.

Zina, 28enne nata e cresciuta Odessa, figlia di un ucraino e di una vietnamita, ci racconta che sta pianificando la sua fuga verso la Moldavia, e da lì a Bucarest, in Romania.

L’ipotesi di una conquista dei russi della città portuale strategica sul Mar Nero non è più imminente, ma lei non ce la fa più a svegliarsi con le sirene anti-raid, e così vuole portare la madre di 64 anni e la figlia di sei lontano dal Paese in guerra, a casa di amici emigrati da tempo.

Nel frattempo però, scorrendo senza troppa convinzione numerosi profili su Tinder, le è capitato di vedere il suo interesse ricambiato da uomini residenti in Italia o in Turchia che le hanno proposto di iniziare una frettolosa conoscenza e poi di trasferirsi a casa loro, per iniziare lì una nuova vita.

“All’inizio mi sembrava una follia”

“All’inizio mi è sembrata una follia anche solo pensarci”, racconta Zina. “Poi però ho conosciuto un uomo che mi ha scritto da Roma, che mi è sembrato serio; ci siamo scambiati i contatti su WhatsApp e da allora ci sentiamo tutti i giorni. Mi ha fatto vedere le foto di casa sua, la sua famiglia.

Ci siamo anche sentiti tramite messaggi vocali”. Lui ha dieci anni più di lei, segue ogni giorno le notizie sull’Ucraina e sembra preoccupato e partecipe. “Ha detto che vorrebbe creare una famiglia, e anche io vorrei trovare stabilità. Ma devo anche pensare alla sicurezza della mia bambina. E se sono ancora su Tinder è perché non mi sono convinta”, dice Zina.

L’uso di Tinder come strumento per trovare casa all’estero è reso possibile soprattutto grazie a una funzione a pagamento chiamata Passport. Per una ventina di euro al mese, si può impostare la propria posizione in qualsiasi luogo del mondo, in qualunque continente. Una volta aperto il proprio profilo Tinder basta andare sulle impostazioni e poi cliccare sull'opzione location.

Lì gli utenti possono cercare una città digitando il nome o cliccando sulla mappa, e una volta modificata la posizione, Tinder funziona nello stesso identico modo.

L’app di incontri usata per la lotta alla disinformazione

Abbiamo fatto swipe - che è il termine usato in gergo dagli utenti per indicare lo scorrimento delle foto degli utenti di Tinder - a Lviv, Odessa e Kyiv per alcuni giorni, cercando di essere quanto più trasparenti possibile: volevamo raccogliere storie di individui coinvolti in una crisi umanitaria.

Il nostro scopo - messo subito in chiaro - era ascoltare il punto di vista di chi adesso usa Tinder oltre la sua funzione di base in uno spazio in cui altri social media sono stati messi a tacere.

Abbiamo impostando la nostra ricerca su uomini e donne, ricevendo risposte solo dalle seconde.

Molte, anche senza fare match con noi, mostrano di usare l’app di incontri per combattere la disinformazione o invocare solidarietà per il proprio paese: "L'esercito russo ci sta sparando. Proteggeteci, vi prego. Chiedete al vostro presidente di aiutarci. Di darci giubbotti antiproiettile e di chiudere il cielo agli aerei russi", scrive nella sua biografia Viktoriia, 24 anni, studentessa al Politecnico di Lviv.

Marta, Dasha e le altre che cercano di fuggire

Marta, 24 anni, si presenta invece come una sfollata pansessuale e pangender che di mestiere fa la tatuatrice: "Sto cercando amici della comunità LGBT da tutta Europa.

Sono ucraina e stiamo vivendo in guerra. Sarei grata per qualsiasi sostegno. Posso fare un tatuaggio per voi". Molti profili contengono gli hashtag #STOPRUSSIANAGGRESSION #STANDWITHUKRAINE.

Dasha, 25enne di Lviv che studia graphic design, ha settato la funzione passport per andare virtualmente a Mosca con un obiettivo politico: dare man forte all’azione degli attivisti locali nel raccontare ai russi come vivono gli ucraini, inviando immagini di morte e distruzione. "I russi subiscono il lavaggio del cervello dalla loro televisione, non sanno come stanno le cose” ci spiega. Dopo la prima foto del profilo che la mostra stesa scalza su un prato, iniziano le immagini di una città ucraina devastata dalla guerra, e poi un paragrafo scritto in cirillico, in blu su sfondo giallo, che recita: “Per favore non voltatevi: chiudete i cieli, non gli occhi” (il riferimento è alla richiesta, avanzata anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ai Paesi NATO di una no-fly-zone su tutta l’Ucraina).

Richieste d’aiuto

Ma sono soprattutto gli uomini stranieri, a quanto pare, a cambiare la località in cui si trovano per conoscere le donne ucraine in questo tempo di guerra. E la facilità di uso di Tinder, combinata con l’emergenza scatenata dall’invasione, sta permettendo alla app di funzionare come un’entità politicamente neutrale - mettendo in contatto l’Ucraina in guerra con nazioni di stampo liberale e democratico ma anche con i regimi sessualmente repressivi. Aggirando qualsiasi censura.

Alyona e la sua amica Svetlana hanno entrambe postato la stessa presentazione sull’app di incontri quando sono fuggite dalla loro casa di Sumy, una città di circa 260mila abitanti situata nell’Ucraina nord-orientale, a pochi chilometri dal confine con la Russia.

“So di essere una facile preda per i ragazzi in cerca di divertimento, ma so difendermi senza problemi” ci racconta Alyona, 26 anni, che usa il traduttore di Google per comunicare. Per ora è a Lviv ma è pronta a partire per la Polonia e da lì a raggiungere Barcellona, città che ha sempre adorato.

Tantissime persone hanno strisciato a destra sul suo profilo per farle proposte superficiali, o usando un tono quasi predatorio, ma un uomo l’ha convinta offrendo un albergo in cui lei sarà da sola per qualche giorno, in attesa di conoscersi meglio e magari fare il passo successivo. Non solo: questa persona l’ha anche messa in contatto con un amico, residente in un piccolo paese della Catalogna, che ha iniziato a fare conoscenza con l’amica.

“Ho dei soldi da parte dal mio lavoro di estetista, e se dovessi vedere che la situazione non mi convince posso cavarmela da sola”.

Le trappole economiche

Tinder aiuta a connettersi rapidamente con coloro che ancora vivono in Ucraina, ma anche a cadere in trappole economiche. Una delle prime connessioni che stabiliamo è con una 22enne della capitale ucraina che dopo nemmeno un minuto dal nostro match ci scrive: “Ho urgente bisogno di lasciare Kyiv e sono in difficoltà economica. Sono imbarazzata a chiedertelo, ma forse puoi aiutarmi?”, e ci lascia il suo codice IBAN. Al nostro tentativo di dialogo, scompare.

Molte persone in Europa sono desiderose di fare qualcosa per la causa ucraina, ma sponsorizzare un rifugiato attraverso una modalità che è da sempre associata al sesso ha i suoi rischi per chi è in uno stato di fragilità emotiva e materiale.

Irina, infermiera di Odessa 33 anni, con due figli, ci dice di essere in contatto con una famiglia di quattro persone di Bristol disponibile a ospitarla. Insieme alla Germania e alla Polonia, l’Inghilterra resta una delle mete più ambite dagli ucraini.

Ma gli inglesi che vogliono ospitare i rifugiati gratis devono compilare decine di pagine di moduli. Così le lungaggini del sistema trasformano Tinder anche in uno strumento adocchiato dai malintenzionati: “Sono già stata contattata da un paio di uomini che mi hanno invitata in Inghilterra offrendomi un biglietto aereo, e promettendomi di sbrigare loro tutte le scartoffie, ma non appena ho chiesto maggiori delucidazioni mi hanno cancellata dai contatti”, dice Irina.

Tinder, insomma, in questo conflitto modernissimo continua a funzionare normalmente, e dietro le parole di solidarietà può nascondere molte insidie. Come arma di propaganda pro-Ucraina è piuttosto improbabile. Ma come strumento sociale, che agevola connessioni inaspettate e scavalca le burocrazie nazionali può giocare il suo ruolo, purché usato con attenzione.