Dopo due anni di pandemia e lacerazioni sociali profonde, l’Italia si ritrova il gruppetto di partiti più radicalizzati e ossessivi che si siano visti dalla fine della Prima repubblica, rivelandosi ancora una volta un laboratorio politico per quelle tensioni a cui la classe dirigente non riesce a dare una risposta. Un’area che raccoglie ciò che è stata nello scorso decennio la galassia ‘sovranista’ e ‘costituzionale’ e cerca di spingerla ‘oltre la destra le la sinistra’, anche a costo di ricadere negli stessi stereotipi che i media cosiddetti mainstream gli affibbiano. Tre, in particolare, sono i partiti che dopo essersi allenati nelle ‘piazze del dissenso’ (spesso più virtuali che fisiche) contro i vaccini e il green pass oggi stanno provando a dar voce a una trasversalità di idee che essi stessi rivendicano come ‘rossobruna’.

Il termine giornalistico è un po’ superficiale, tuttavia riassume bene un patto che fa propri sia elementi della tradizione socialdemocratica che della destra radicale, e persino del libertarianismo, mescolando propaganda e fake news.

Da Sara Cunial al Movimento 3V: i novax riuniti in Vita

Il primo di questi tre soggetti politici si chiama Vita, la lista fa da variegato contenitore al Movimento 3V (Vaccini Vogliamo Verità) di Luca Teodori, alla parlamentare indipendente Sara Cunial, all’ex grillino e consigliere regionale Davide Barillari, ad alcuni gruppi di commercianti anti-lockdown, al Popolo delle Mamme, all’Alleanza Italiana Stop 5G e all’attore Enrico Montesano, tra gli altri.

Il programma di Vita estremizza e assolutizza ogni aspetto del movimento dei vaccino-scettici e lo inserisce nel contesto dell’Unione Europea, dell’euro e delle alleanze militari e in una difesa quasi New Age di tutte le questioni ambientali. La mente principale è Stefano Montanari, nanopatologo e sostenitore di pseudoteorie sui vaccini realizzati con feti abortiti e concausa dell’autismo nei bambini.

Non è un caso che in questi giorni la campagna di Montanari consista nel portare in giro un documentario dello screditato medico Andrew Wakefield, Vaxxed, che corroborerebbe le paure del suo elettorato. Montanari è anche noto per essersi occupato di scie chimiche e per (è noto) una bizzarra storia riguardante un microscopio donatogli da Beppe Grillo per trovare nanoparticelle negli inceneritori.

Un paio d’anni fa lancia Sfero, “il primo social totalmente italiano, libero e indipendente”, nel quale gli articoli più letti parlano dell’invasione russa come un altro mondo possibile, sviluppano ipotesi sul “falso allunaggio” e lasciano sfogare comici di terz’ordine come Sandro Torella, con la battuta sessista sempre in canna.

Sovrana, popolare e complottista: la nuova galassia di Marco Rizzo

Adesso spostiamoci in Ucraina. Il giornalista indipendente, esperto di geopolitica e ‘pensatore libero’ Franco Fracassi, dopo aver paragonato il green pass alla stella gialla degli ebrei è stato spinto dal suo pubblico a recarsi a Mariupol per fare quello che, secondo lui, il resto dei giornalisti prezzolati non fa: inchiesta vera.

Ci va aiutato dalle truppe separatiste, con una certezza: sotto le acciaierie Azovstal c’è un biolaboratorio correlato alla pandemia Covid e al Grande Reset (una proposta di riedificazione dell’economia su basi più sostenibili, lanciata in occasione del Forum economico mondiale nel 2020, che nei segmenti anti-lockdown è stata letta come una forma di restaurazione ultra-tecnocratica). Purtroppo per lui, quando i russi se lo ritrovano davanti gli impediscono l’accesso. Da qui l’ovvia conclusione di Fracassi: sotto l’acciaieria dev’esserci davvero qualcosa. È solo un esempio dei militanti di Italia Sovrana e Popolare, nuovo partito che vuole contendere i voti al M5S e alla Lega attraverso slogan ambigui che propongono l’equivalenza di interessi tra lavoratori precari, tassisti e piccola borghesia imprenditoriale in nome del comune ‘interesse nazionale’ e dell’appoggio all’imperialismo russo.

È dato intorno all’1 per cento nei sondaggi. Questa ‘cosa’ all’apparenza ultrapopulista nasce dalla fusione di una quindicina di organizzazioni riunite sotto un unico simbolo, ma le tre entità più importanti sono Ancora Italia - nel cui statuto c’era fino a poco tempo fa il filosofo gramsciano-lepenista Diego Fusaro, collaboratore del magazine di estrema destra Il Primato Nazionale - il Partito Comunista di Marco Rizzo ormai monco di tutta la sezione giovanile in rivolta, e Riconquistare l’Italia, una setta sovranista formata per lo più da commercialisti e avvocati del Centro Italia.

Il gruppo ha accolto anche l’ex presidente della commissione Esteri del Senato, il putiniano dichiarato Vito Petrocelli, espulso dal M5S, la deputata novax Bianca Laura Granato, la pattuglia socialista di Igor Camilli e Azione Civile del magistrato antimafia Antonio Ingroia.

Alcuni episodi lasciano sbalorditi: come quando Francesco Toscano, presidente di Ancora Italia, ha annunciato la candidatura dell’ex attrice Gina Lollobrigida, 95 anni, presentandola su Facebook con una garanzia: è una ‘putiniana di ferro’. Ma lei è stato ricoperta lo stesso di insulti: in passato ha sponsorizzato i vaccini, è l’accusa dei lettori. E poi c’è Ivana Costa che ha una malattia autoimmune grave e ha commesso ‘l’errore’ di fare un comizio indossando la mascherina. Le sue foto hanno iniziato a circolare ossessivamente, mostrate con dileggio dai radicalizzati, e lei ha scelto di ritirarsi dalla campagna.

A presiedere la pattuglia è Rizzo, comunista dal 1981, oratore provetto e politico navigato.

“Nessuno ve lo dice ma: Sonatrach, la società algerina che rifornirà un decimo del gas che serve all’Italia è al 60% di proprietà di Gazprom… Altra presa in giro per il popolo italiano”, scrive su Twitter il 19 luglio. In realtà Sonatrach è una società al 100 per cento dell’Algeria, dove per legge non è possibile superare il 49 per cento nei settori strategici come l’energia. Con la russa Gazprom c’è un contratto per un singolo giacimento per estrarre gas dal 2025. Ma Rizzo ha impostato il suo esperimento così, dando corpo agli stereotipi che il mainstream tanto odiato gli ha cucito addosso. “Voi dite questo, noi diciamo il contrario su tutto. Voi ci rappresentate così, in negativo, noi ci conformiamo a questa rappresentazione”, è l’interpretazione che ne da il filosofo Alessandro Volpi.

Non a caso, Rizzo è da anni ospite fisso in tutti i programmi più sensazionalistici di Rete 4, dal TG4 a Stasera Italia, da Diritto e rovescio a Controcorrente.

Fiancheggiatore di Rizzo è il sito di geopolitica L’Antidiplomatico, schiacciato sulle ragioni putiniane, il cui direttore ad agosto si faceva ospitare dal sito di disinformazione russo United World International, diretto dalla figlia di Aleksandr Gel'evič Dugin (politologo e filosofo russo di estrema destra). Il direttore dell’Antidiplomatico invitava, su United World International, a votare per la coalizione facente capo a Rizzo, come “l’unica alternativa al totalitarismo liberista, guerrafondaio e sanitario”. Ma è il network dell’estrema destra “identitaria” o esplicitamente neofascista ad aver avuto un ruolo decisivo nell’organizzazione territoriale di Italia Sovrana.

Fabio De Maio, capo del centro sociale Terra dei Padri di Modena, che quattro anni fa arringava sfilate lugubri in onore del “camerata caduto” Sergio Ramelli insieme al Veneto Fronte Skinheads, sostiene con entusiasmo il progetto di Rizzo. È nel bar situato sopra il centro Terra dei Padri che sono stati allestiti banchetti per la raccolta di firme del partito.

E ancora: il coordinatore di Italia Sovrana per il Friuli Venezia-Giulia è Angelo Lippi, per trent’anni militante di estrema destra: dal Fronte della gioventù a un’associazione che faceva l’apologia della X Mas.

Italexit di Paragone: il cavallo di Troia dei neofascisti

È però Italexit, il partito fondato due anni e mezzo fa da Gianluigi Paragone, ex M5S, ex tribuno televisivo de La Gabbia - trasmissione ultrapopulista che ha fatto da fucina per innumerevoli candidati della triade di cui parliamo - che si presenta come il partito-antisistema più mainstream.

Nell’impresa sono coinvolti personaggi folkloristici come il medico sospeso Andrea Stramezzi, il portuale Stefano Puzzer, il vignettista Mario Improta o il vicequestore Nunzia Schilirò. Con una campagna impostata quasi esclusivamente sulle ‘morti sospette’ da ‘siero’ (il termine solitamente dispregiativo per designare i vaccini anti-Covid), il 15 gennaio Paragone capitanava una manifestazione a Milano contro l’obbligo vaccinale.

Tra alcune bandiere verdi del Kekistan, una sorta di marcatore tribale dell’alt-right, dal significato oscuro e spesso solo un modo per segnalare ai compagni di conversazione online che chi scrive sogna una rivolta caotica in società, l’ospite speciale era il premio Nobel Luc Montagnier.

I non vaccinati salveranno l’umanità, spiegava l’89enne virologo francese, secondo il quale “bisogna evitare altre vaccinazioni, le persone trattate contro il cancro, ad esempio, è importante che non vengano vaccinate perché c’è un alluminio che entra nelle cellule e invece che curare i malati li fanno morire ancora prima”. Il successo socialmediale dell’iniziativa è stato evidente: oltre 1,1 milioni di reactions raccolte in totale dai 40 post pubblicati dal 14 al 15 gennaio. Un’enormità se pensiamo che nello stesso periodo i tre kingmaker dei social network, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Giuseppe Conte, complessivamente ne hanno raccolti circa 433 mila. Ma, oltre a non avere una base scientifica, secondo l’epidemiologa Sara Gandini (che pure aveva visto con simpatia la nascita di Italexit nelle sue fasi iniziali) l’invito di Montagnier ha rappresentato un “autogol politico, che fa perdere credibilità” all’intero movimento no green pass.

“È un messaggio sbagliato anche nei confronti dei malati oncologici per i quali il vaccino può essere una risorsa fondamentale”.

Si evince che il timbro culturale di Italexit è nell’alternanza di autoritarismo (contro i migranti e i soggetti devianti, sostenendo la notizia falsa che sia in atto una sostituzione etnica) e anarco-liberismo (contro la onnipresente ‘dittatura sanitaria’). I diritti sarebbero contemporaneamente naturali e costituzionali. La proprietà privata inalienabile. La libertà didattica assoluta. E poi ci sono la flat tax, l’autonomia regionale, il rifiuto non solo dei vaccini ma di qualsiasi prescrizione delle autorità pubbliche: secondo Italexit non ci può essere nessuna Politica comune dinnanzi a un’epidemia.

Ma, fuori da ogni enfasi o sensazionalismo, Italexit è il partito dove convergono, da Verona a Napoli, i neofascisti che non hanno trovato casa politica altrove nella galassia sovranista, o che per motivi strategici hanno scelto di occultare i propri simboli. Lo si vede nella candidatura di Marco Mori, avvocato e già militante di Casa Pound che aveva difeso il gruppo ai tempi della tentata strage Luca Traini. Che i neofascisti dichiarati non si presentino al voto conta poco, dato che possono usare ormai Italexit come cavallo di Troia. Così il 25 settembre il movimento del senatore ex M5S proverà a togliere voti a Fratelli d’Italia e alla Lega, forse i veri avversari di questa campagna allucinata.







Nota di correzione del 13/10/2022: Questo articolo è stato modificato in data 13 ottobre perché una precedente versione riportava il nome di Emanuele Fusi tra quello dei candidati di Italia Sovrana, cosa non vera. Ci scusiamo con i nostri lettori.