Con la manovra della Legge di Stabilità arriva la superconvenienza per i datori di lavoro che assumeranno usufruendo delle clausole previste dal nascituro contratto a tutele crescenti, racchiuso nel Jobs Act. Per i primi tre anni, ha promesso il Premier, Matteo Renzi, i contributi da pagare saranno pari a zero. L'obiettivo del Governo è quello di invogliare le imprese a creare occupazione stabile: è una misura che vale 1,9 miliardi di euro, più di quanto ipotizzato nelle ore precedenti alla presentazione di Renzi. In più, il contratto a tutele crescenti sarà applicabile a tutte le nuove assunzioni, sia che riguarda quindi i giovani, che i lavoratori già negli "anta": è questa la differenza principale con il bonus occupazionale del precedente Governo Letta, troppo vincolato ai requisiti per usufruirne come età e titolo di studio.
Contributi zero per assunzioni a tutele crescenti del Jobs Act: da quando scatterà e quanto risparmiano imprenditori e dipendenti?
Non è ancora possibile stabilire da quando i datori di lavoro potranno usufruire dei contributi pari a zero assumendo personale con il contratto a tutele crescenti: il Jobs Act, infatti, deve essere ancora approvato dalla Camera dei Deputati e poi, trattandosi di una delega, necessiterà dei decreti attuativi. L'Esecutivo ha comunque affermato, in più occasioni, di voler chiudere tutto l'iter legislativo del Jobs Act entro i primi mesi del 2015. Una volta a regime, il nuovo Jobs Act dovrebbe, secondo alcune stime presentate dal Caf nazionale Cisl, permettere al datore di lavoro di realizzare un risparmio quantificabile tra i 7.500 e i 10.600 su uno stipendio di 25 mila euro lordi all'anno, mentre per il lavoratore il risparmio in busta paga sarebbe di circa 1.600 euro annui.
Lo stesso risparmio è estendibile anche ai contratti a termine, a progetto e a quelli di collaborazione.
Infine è stato stanziato anche 1 milione e mezzo per allargare gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che attualmente non ne hanno diritto: come previsto dal Jobs Act, il sussidio Aspi dovrebbe essere esteso anche ai disoccupati provenienti da contratti precari, come il co.co.pro e i co.co.co.