È arrivata ieri la sentenza della Corte di giustizia europea dopo che i sindacati hanno inoltrato dei ricorsi per richiamare al rispetto della normativa europea, contraria all'abuso di contratti a tempo determinato stipulati nel pubblico impiego e in particolar modo nelle scuole. La sentenza formulata dichiara che le norme italiane su contratti a termine soprattutto nella Scuola vanno contro al diritto dell'Unione. Non è giustificato rinnovare illimitatamente questi contratti per soddisfare delle esigenze durevoli e permanenti. Soddisfatti i sindacati che dal lontano 2010 si battevano a favore della stabilizzazione dei precari con più di 36 mesi di servizio, presentando il ricorso per l'illegittimità delle norme italiane sulle supplenze nelle scuole.
I dettagli della sentenza
La questione è stata sollevata da un gruppo di lavoratori, assunti come insegnanti e collaboratori amministrativi in Istituti statali con contratti di lavoro a termine e successivamente rinnovati. Questi precari sono stati impiegati in diversi periodi e per non meno di 45 mesi in 5 anni. Ritenendo che questi contratti fossero illegittimi, i lavoratori precari hanno chiesto giudizialmente che i loro contratti a tempo determinato fossero trasformati in contratti a tempo indeterminato e quindi di essere immessi in ruolo, richiedendo anche il pagamento degli stipendi che corrispondevano ai periodi in cui erano stati interrotti i rapporti di lavoro fra la stipula di un un contratto e l'altro ed un risarcimento danni.
I giudici di Lussemburgo hanno dichiarato che la normativa italiana non adotta alcuna misura atta a prevenire il ricorso abusivo della successione di contratti di lavoro a termine. La Corte europea mette in evidenza che l'Italia non ha una normativa che, nell'attesa che vengano espletate le procedure dei concorsi per assumere personale a tempo indeterminato nelle scuole statali, possa autorizzare il rinnovo di contratti a tempo determinato, per coprire i posti liberi e disponibili per insegnanti e ATA, senza indicare quali siano con certezza i tempi necessari per poter svolgere tutte le procedure concorsuali, negando il risarcimento del danno subito dai lavoratori a causa di questo rinnovo.
La legge italiana, poi, non prevede modalità chiare e obiettive per verificare se questi rinnovi corrispondano ad un'esigenza reale, siano idonei a conseguire l'obiettivo prefissato e siano necessari a tale scopo e non presume ulteriori misure per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo di questi contratti. Quindi, in breve, secondo la Corte, l'Italia in tutti questi anni, più di dieci, ha violato la Direttiva Ce del 1999 imponendo contratti a termine per coprire i posti vacanti di docenti nelle Scuole statali, senza ragioni oggettive.