Opzione Donna è un regime sperimentale introdotto con legge Maroni numero 243 del 2004 che consente di uscire anticipatamente dal lavoro alle lavoratrici in possesso di 35 anni di contributi che abbiano 57 anni se nel settore pubblico e 58 per il privato. Dalla fondazione del Comitato Opzione Donna relativo alla pronuncia dell'Inps che di fatto limita la possibilità di usufruire di questa legge, l'interesse della categoria ha registrato un aumento di aderenti che dalle iniziali 5.646 donne nel 2012 ha raggiunto e superato la soglia delle 10.000 iscritte.

Dalla provincia di Salerno giungono notizie di altre lavoratrici decise ad uscire prima dal lavoro.

Le 5 insegnanti inidonee

"Il Mattino" di Napoli pubblica la notizia di 5 insegnanti giudicate inidonee al lavoro dietro loro esplicita richiesta. Si tratta di dipendenti alle soglie dei 60 anni in un settore, quello scolastico, dove la media degli insegnanti di ruolo varia tra i 52 e i 55 anni di età. Non è dunque una richiesta di comodo quella fatta dal comitato che minaccia il ricorso contro l'Inps ma una giusta rivendicazione che mira a tutelare la salute stessa delle lavoratrici ormai stanche. Il fatto di Salerno lo dimostrerebbe ampiamente.

La doppia faccia dell'Inps

La circolare numero 16/2013 chiarisce che rimangono in vigore le possibilità per alcuni lavoratori facenti parte dell'Ago di usufruire della legge Amato meglio nota come delle 'quindicenni'.

Basta cioè avere 15 e non 20 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre del 1992 per usufruire di questa agevolazione per l'uscita anticipata dal lavoro. Ordunque, da un lato si apre al prepensionamento e dall'altro si blocca l'applicazione del regime Opzione Donna creando disparità di trattamento. Eppure il costo viene sopportato anche dalla P.A., oltre che dalle lavoratrici, continuando a mantenere al lavoro un contingente di oltre 10.000 persone per le quali bisogna mettere in preventivo un pagamento di future Pensioni rivalutate fino al compimento dei 67 anni di età.

Cui prodest?

Costi benefici

Le casse statali avrebbero soltanto un risparmio da una operazione del genere. Continuare a mantenere al lavoro le richiedenti significa stornare quote future per assegni pensionistici di importo elevato, mentre consentire l'uscita anticipata assicurerebbe un risparmio pari al 30% in media dell'assegno cui si avrebbe diritto seguendo la nuova normativa.

A tanto infatti è stato stimato ammonti il taglio dell'assegno pensionistico per una donna che scelga il prepensionamento. Un altro beneficio non trascurabile è poi quello derivante dalle migliori condizioni di salute che scaturiscono da una scelta simile, come il fatto di Salerno sopra esposto ha messo in luce.