È quasi certo che il governo Renzi voglia rivedere la riforma delle pensioni attualmente in vigore, la legge Fornero entrata in vigore nel 2011, durante il governo Monti. La nomina di Tito Boeri a presidente dell'Inps e l'attesa per la decisione della Consulta che si dovrà pronunciare il 20 gennaio sull'ammissibilità del referendum proposto dalla Lega Nord fanno ben sperare su un possibile intervento del governo al fine di rendere più flessibile l'attuale normativa pensionistica. A parte il referendum sembra che i tempi, per intervenire sulla riforma delle Pensioni, siano maturi dato che, rispetto al precedente governo Letta, la leadership dell'attuale Presidente del Consiglio è molto più chiara e forte.

Basti pensare al fatto che l'attuale governo è riuscito ad approvare riforme come quella del Lavoro e della Pubblica Amministrazione. Proprio la riforma del Lavoro già approvata preannuncia un intervento in materia previdenziale. Si cercherà di rendere più agevole la possibilità di andare in pensione con la possibilità di far assumere alle aziende nuovo personale, soprattutto giovani, dopo i dati rilevanti arrivati dall'ultimo censimento con un tasso di disoccupazione molto alto. Le ipotesi prese in considerazione da Palazzo Chigi per riformare le pensioni sono quattro. Vediamo, di seguito, quali sono.

Prima Ipotesi

La prima ipotesi è quella proposta da Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera, con la quale si vuole introdurre un meccanismo di incentivi e penalizzazioni in funzione di quando si decide di andare in pensione. Una volta raggiunti i 62 anni di età e i 35 anni di contributi versati, il lavoratore potrà decidere se andare in pensione; con delle penalizzazioni fino all'età di 65 anni oppure con degli incentivi a partire dal 67esimo anno di età fino ai 70 anni. All'età di 66 anni non sono previsti né bonus né malus.

Seconda Ipotesi

Altra ipotesi sempre proposta da Cesare Damiano è quella di raggiungere quota 100 per andare in pensione come somma tra età anagrafica e contributi versati. A titolo di esempio si potrebbe andare in pensione all'età di 62 anni ma con un versamento contributivo di 38 anni.

Terza Ipotesi

Si sente parlare già da diversi mesi del cosiddetto prestito pensionistico, un'idea messa in campo dall'ex ministro Enrico Giovannini con la possibilità di avere un prestito dallo Stato anticipando l'uscita dal lavoro fino ad un massimo di due anni. Prestito che poi il lavoratore restituirà a rate al momento del percepimento dell'assegno pensionistico.

Quarta Ipotesi

Ultima ipotesi quella proposta da Yoram Gutgeld, consigliere economico del Partito Democratico con la quale si prevede l'estensione del calcolo contributivo per tutti i lavoratori in cambio di un'uscita anticipata dal lavoro. Questo sistema taglierebbe gli assegni pensionistici anche del 25 percento. Questa normativa già esiste ed è applicata alle donne nella cosiddetta opzione donna (norma che scadrà il 31 dicembre 2015).