Brutte notizie arrivano per i pensionati italiani. Infatti in seguito alle condizioni economiche attuali che hanno favorito la deflazione subiranno dei danni. Questo in quanto tale situazione comporterà pensioni più povere sia per quanto riguarda quelle attuali sia per quello che concerne le pensioni future. Questo perché la deflazione ha finito per deprimere l'assegno previdenziale che come sappiamo è agganciato al costo della vita. Tale situazione comporta che per quanto riguarda gli assegni in pagamento così come già avvenne l'anno scorso, si dovrà restituire all'Inps la differenza tra il tasso d'inflazione applicato in maniera provvisoria e quello definitivo.

Tale perequazione si applica al 100% per i trattamenti fino a 3 volte il minimo, al 95% per quelli da 3 a 4 volte il minimo, 75% per quelli da 4 a 5 volte il minimo, al 50% per quelli da 5 a 6 volte il minimo, infine al 45% per quelli superiori più di 6 volte il minimo.

Purtroppo problemi sono previsti anche per coloro che andranno in pensione in futuro. Questo in quanto la scarsa crescita del Pil e la conseguente deflazione comporta che la rivalutazione dei contributi versati all'Inps sarà molto bassa. La questione è molto delicata e interessa soprattutto coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Cioè coloro che entrano nel cosiddetto calcolo del contributivo. Questo in quanto il calcolo della futura pensione dipende anche dal coefficiente di trasformazione del cosiddetto montante, il quale è soggetto a rivalutazione annuale in base alla dinamica quinquennale del Pil.

Il problema sta proprio in questo, infatti il Pil è legato alla capacità del nostro Paese di fare girare l'economia. Pertanto finché il Prodotto Interno Lordo non cresce la rivalutazione dei contributi Inps sarà scarsa e di conseguenza le pensioni decisamente più povere. In poche parole quindi il pensionato che per fare un esempio ha una pensione netta di mille euro al mese l'anno prossimo vedrà il proprio assegno completamente fermo.