Sul sito di Beppe Grillo possiamo trovare una notizia molto interessante che riprende un articolo pubblicato da il Fatto Quotidiano la scorsa settimana. Lo spunto è offerto da un documento pubblicato dal World Economic Outlook in cui il Fmi riconosce che il mito della flessibilità del lavoro è finito. Nello stesso documento dell'ente, la cui sede è a Washington, viene ripresa la convinzione dell'organismo guidato da Christine Lagarde (FMI) che ha avuto l'effetto di avvertire l'Italia di fare molta attenzione a continuare su questa strada, perché insistere con il Jobs Act rischia di impattare negativamente anche sulla domanda di istruzione nazionale.

Le nuove norme sul lavoro non hanno prodotto gli effetti sperati dal punto di vista occupazionale, come evidenziato dalla stessa Istat qualche settimana fa, rischiando altresì di produrre un impoverimento generale della qualità lavorativa per l'aumentata esigenza di manodopera scarsamente istruita.

Ritornare alle origini

Le conseguenze di questa analisi sono presto dette. Se per avere un lavoro non serve studiare, allo stesso modo non occorre investire nella Scuola. Dunque il nuovo Ddl scuola che ci si appresta a trasformare in legge è funzionale solo ad aumentare i profitti di chi vuole investire nei diversi settori, scuola inclusa. Al contrario, dallo studio del World Economic Outlook emerge che la crescita di un paese è strettamente correlata al livello di conoscenze della manodopera, alla quantità degli investimenti e delle spese per la ricerca e lo sviluppo.

Matteo Renzi apporta altri tagli all'istruzione quando invece in sostanza il Fmi gli dice di fare il contrario, tornando a investire seriamente e immettendo in ruolo l'intero precariato.

Si moltiplicano le sentenze a favore dei precari

Si moltiplicano gli interventi di personalità di spicco al fine di persuadere l'esecutivo ad uniformarsi alla sentenza della Corte di Giustizia Europea.

Il Fmi si aggiunge dunque ad Anief che ammonisce il governo ad assumere gli oltre 150mila insegnanti inseriti a vario titolo nelle Graduatorie di Istituto. E le recenti sentenze dei tribunali italiani, inclusa quella del Consiglio di Stato che ha riconosciuto il valore concorsuale del Diploma Magistrale conseguito prima del 2001/2002 con conseguente immediato inserimento nelle Gae dei ricorrenti, rinsaldano il fronte degli oppositori della 'Buona Scuola'.