Quella di Matteo Renzi è una vera e propria sfida, un braccio di ferro con il mondo della scuola: l'approvazione della riforma è una vittoria che il premier vuole conquistare a tutti i costi, così come è accaduto per il Jobs Act. Questa volta, però, c'è di mezzo anche l'incognita 'elezioni regionali', una vera e propria mina vagante che rischia di far saltare in aria tutti i piani del Presidente del Consiglio.
Ecco perchè Matteo Renzi sta usando una maggior prudenza, pur essendo pienamente consapevole di aver perso già gran parte dei voti dei docenti e del personale ATA: la Scuola ha già 'sentenziato' il boicottaggio al voto del PD e anche chi, in passato, ha espresso la propria preferenza elettorale per il partito di sinistra, non riesce più a specchiarsi nelle ideologie renziane, in base a quanto contenuto nella riforma. Una delle principali 'accuse' che sono state mosse al premier, infatti, è di aver portato avanti dei temi molto più cari alla destra che non alla sinistra, come quello riguardante gli sgravi alle scuole private.
Il 'miracolo' di Renzi: essere riuscito a 'ricompattare la scuola'
Ci sono due motivi per cui Matteo Renzi si sta dimostrando insolitamente propenso al dialogo con il mondo della scuola. Il primo è rappresentato dal fatto che il Presidente del Consiglio si è fatto sorprendere dall'inaspettata e clamorosa compattezza di tutto il mondo scolastico che ha risposto in modo straordinariamente unito alle proteste e agli scioperi indetti nelle scorse settimane: erano anni che non si vedevano, tutte insieme nelle piazze, le diverse forze sindacali. Come recentemente espresso anche dall'Onorevole Silvia Chimienti del Movimento Cinque Stelle, il governo, almeno, è riuscito a compiere questo 'Miracolo'.
Renzi e le elezioni regionali 2015: un sottile filo di equilibrio
Il secondo aspetto è rappresentato proprio dalle elezioni regionali del prossimo 31 maggio: l'esito di questa consultazione popolare potrebbe incidere non poco sul futuro di Renzi ed è per questo che non sono affatto da escludere dei colpi di scena in Senato per quanto riguarda l'approvazione del DDL Buona Scuola.
I numeri plebiscitari in favore del Presidente del Consiglio non ci sono più e il premier lo sa bene: ecco perchè la parola d'ordine, da usare in questi giorni, è 'cautela'. Ai compromessi non c'è mai fine.
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