Con il Tfr anticipato in busta paga i lavoratori dipendenti del settore privato, con contratto in essere da almeno sei mesi, possono mensilmente ricevere uno stipendio più corposo. Questo grazie ad una misura, approvata dal Governo presieduto dal Premier Matteo Renzi, la cui convenienza deve però essere valutata con attenzione. Questo perché sulla quota maturata del Tfr, che viene riconosciuta in busta paga, la tassazione è quella ordinaria, e perché in futuro si rischia poi di andare a percepire una pensione più bassa. Quella approvata dal Governo Renzi è una misura sperimentale che, in accordo con quanto riporta Altroconsumo, è valida ad oggi fino alla data del 30 giugno del 2018.

In ogni momento, fino a tale data, il dipendente può fare rischiesta al datore di lavoro di anticipo del Tfr in busta paga facendo attenzione al fatto che poi non si potrà più tornare indietro fino al 30 giugno del 2018. Contestualmente, per sostenere le piccole e medie imprese, che hanno difficoltà di cassa nel pagare gli anticipi del Tfr, le Pmi possono accedere a prestiti bancari che risultano essere assistiti da un Fondo di garanzia statale appositamente costituito.

Presentata la richiesta di anticipo del Tfr al datore di lavoro, l'erogazione delle somme aggiuntive in busta paga non è istantanea ma, fa altresì presente l'Associazione dei Consumatori, segue il seguente iter: per le imprese che hanno meno di cinquanta dipendenti l'erogazione del trattamento di fine rapporto in busta paga avverrà dopo tre mesi mentre per le aziende con più di cinquanta dipendenti l'erogazione partirà dal mese successivo a quello in corrispondenza del quale è stata presentata l'istanza.

Ricordiamo al riguardo che l'adesione al trattamento di fine rapporto anticipato fino alla data del 30 giugno del 2018, ovverosia entro e non oltre il termine della fase sperimentale, è del tutto volontaria da parte del lavoratore che, quindi, alla vecchia maniera può comunque optare senza fare nulla per l'incasso della liquidazione a fine ciclo lavorativo.