Le ultime novità sulle pensioni ci rivelano chei 5 punti della proposta di Tito Boeri, il presidente dell'Inps, hanno avuto di certo almeno il merito di aver scosso l'ambiente, istituzionale e partitico, per ciò che attiene il sistema previdenziale italiano che da troppo tempo è bloccato sulla e dalla riforma Fornero del governo Monti del dicembre 2011. Il professore bocconiano, seppur inviso a buona parte della classe politica, ha deciso di gettare il sasso nello stagno nella speranza che il proprio piglio decisionista e propositivo, riuscisse a schiarire le acque stagnanti in cui versa sia la situazione sia il dibattito sulla riforma pensionistica italiana, specie in direzione di una non più rinviabile riforma delle Pensioni che cancelli la biasimata legge Fornero che, se da un lato è stata la fonte di molti risparmi per le casse dell'Inps, dall'altro di parecchi disagi nei confronti dei lavoratori e dei titolari di pensioni.
Due proposte a confronto: Boeri e Damiano, quale delle due è la più realizzabile?
Tutti in questi giorni, anche i più accaniti oppositori (leggi Cesare Damiano) del piano di riordino del sistema di welfare ipotizzato da Boeri, si augurano che il governo parta proprio dalle categorie più svantaggiate e cioè da coloro che percepiscono pensioni troppo basse e da quanti non riescono a uscire dal mondo del lavoro a seguito del continuo incremento dei requisiti minimi per l'uscita stessa.
La priorità oggi è concedere la possibilità ai lavoratori che lo desiderano di andare in pensione in anticipo rispetto ai limiti previsti dalla rigida normativa vigente. Questo principio della flessibilità sostenibile è il punto controverso sul quale non si riesce a trovare la quadra.
C'è chi come Boeri vorrebbe una flessibilità regolata dal calcolo contributivo, cioè in base ai contributi versati fino al momento dell'uscita con una decurtazione della pensione al momento non ben definita né chiara ai più. Sindacati in testa che parlano di cifre che si aggirano dal 30 al 35 % di penalizzazione allo stesso Boeri che parla dell'appena 3%.
C'è chi, invece, come Cesare Damiano, insieme al PD ma in questo sostenuto anche dalla Lega di Matteo Salvini, vorrebbe la flessibilità a 62 anni con almeno 35 anni di contributi e con una penalizzazione per i lavoratori certa massima dell'8% che si azzererebbe al raggiungimento dei requisiti previsti oggi. Il vantaggio della prima proposta sarebbe quello di non pesare sulle casse dello Stato, mentre la seconda di avere un onere per la finanza pubblica che si attesterebbe dagli 8 ai 10 miliardi di euro.
Un occhio poi particolare viene rivolto alle pensioni dei lavoratori precoci per i quali la proposta Damiano di un'uscita con 41 anni di contributi senza penalizzazione, sarebbe il meglio.
Ma quando scegliere, oltre che cosa scegliere? Tutti sono convinti che con la legge di stabilità 2016 i giochi dovrebbero essere fatti. Ma ne siamo certi? Oggi la situazione politica europea, non certamente stabilie né chiara, potrebbe essere d'intralcio ai nostri buoni propositi di intervento in autunno sulla Fornero. Non vogliamo essere catastrofisti, ma un pizzico di prudenza è sempre meglio averlo.
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