La nuova riforma delle pensioni presentata dal presidente dell'Inps Tito Boeri, ha fatto nascere numerose critiche da parte delle principali associazioni sindacali del paese. Un duro scontro si è avuto in particolare tra la CGIL e l'istituto guidato da Boeri, poiché i sindacati asseriscono che le nuove norme comporteranno una riduzione significativa di tutte le Pensioni. Dura la presa di posizione del segretario Susanna Camusso, in prima fila alla guida delle manifestazioni di dissenso alle quali hanno fatto seguito i tentativi di Boeri di rassicurare gli animi, definendo le ipotesi di riduzione degli importi degli assegni, dichiarate dai sindacati, come non veritiere, asserendo che il taglio massimo si aggirerebbe intorno al 3,5%.
Il meccanismo del sistema contributivo
Il fulcro della questione riguarda la percentuale dell'assegno che sarà vincolata al sistema contributivo, che per il presidente dell'Inps è l'unica strada percorribile per ottenere la tanto desiderata flessibilità. Inoltre, potrebbe trattarsi anche di un meccanismo che si basa solo in parte sul sistema contributivo, al contrario della cosiddetta "opzione donna", attraverso la quale le lavoratrici possono lasciare il lavoro a 57 anni con il versamento di 35 anni di contributi, con l'obbligo di abbandonare il sistema retributivo. Secondo i sindacati anche in questo caso siamo ben oltre alle diminuzioni dell'assegno del 3,5% sostenute dal presidente Inps, con penalizzazioni che si attestano intorno al 25%.
Come indicato dal sito internet "Pensioni Oggi", per ottenere minori penalizzazioni occorrerebbe innalzare i requisiti di accesso necessari: nel caso l'uscita dal lavoro fosse consentita sempre con 35 anni di contributi ma a 60 anni invece di 57, nel calcolo della pensione i lavoratori che preferirebbero questa soluzione usufruirebbero di coefficienti di trasformazione più alti, che ridurrebbero la penalizzazione sull'assegno.
L'interpretazione dei sindacati
Secondo le sigle sindacali, molto critici anche sul fronte delle politiche attive del Jobs act, con la nuova riforma in ogni caso risulta impossibile mantenere le penalizzazioni entro una percentuale del 3,5% come dichiarato dal presidente Boeri. Nel caso in cui la percentuale di decurtazione dell'assegno indicata dall'istituto di previdenza fosse applicata per ogni singolo anno di uscita anticipata dal lavoro, le ipotesi dei sindacati sarebbero confermate appieno, in quanto, anticipare la pensione di diversi anni equivarrebbe a un significativo taglio dell'assegno, nell'ordine del 30%.
Funzionamento del metodo contributivo
Il tanto discusso sistema contributivo è il nuovo sistema di calcolo delle pensioni con il quale l'importo finale della somma spettante a un lavoratore varia in base ai contributi effettivamente versati durante la sua carriera lavorativa. A differenze del sistema retributivo, con il quale la pensione finale del lavoratore viene calcolata in base all'ultima retribuzione, con il metodo contributivo l'importo totale dei contributi versati annualmente vengono rivalutati in base alle variazioni quinquennali del Pil, indicate dall'Istat, e alla fine del servizio lavorativo il montante risultante viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione, che varia in base all'età del lavoratore al momento in cui accede alla pensione. Il nodo delle pensioni ad oggi è lontano dall'essere risolto, e sicuramente assisteremo ancora a dure battaglie tra i sindacati e l'Inps.