I soldi ci sono. Non ne vanno trovati altri a meno che il disavanzo di un miliardo di euro risparmiato ad oggi rispetto allo stanziamento previsto dalla Legge del 2004 non sia finito chissà dove. Potremmo riassumere in questo modo la vicenda connessa alla pensione con Opzione Donna, che in questi giorni sta vivendo l’epilogo finale. Si, vogliamo sbilanciarci perché quasi tutti i segnali puntano verso una risoluzione positiva. Nel meeting di giorno 9 settembre la Commissione Lavoro dovrà solo stabilire la formula più adatta. Nulla di più e nulla di meno.
Ne è convinto il ministro Poletti, che ha già ribadito la volontà di intervenire in ottica risolutiva, e ne è convinto anche il presidente Damiano, per il quale appare assolutamente necessario chiudere la vertenza prima della Legge di Stabilità. Semmai, ci chiediamo noi, appare assurdo che per chiarire una situazione così limpida si sia atteso quasi 3 anni. Due circolari promosse dall’INPS hanno riscritto una legge e ci sono voluti quasi 1000 giorni per accorgersi dell’illegittimità della cosa.
Novità pensione con Opzione Donna, Poletti e Damiano: Commissione Lavoro, non servono altri soldi, parla Rizzetto
Alcune significative considerazioni in merito alla pensione con Opzione Donna sono arrivate nei giorni scorsi dal Vicepresidente della XI Commissione lavoro pubblico e privato Walter Rizzetto, secondo il quale, in vista del futuro processo di riforma, non c’è da pensare ad alcuna innovazione perché la soluzione c’è già ‘e si chiama Opzione Donna’: ‘Basta una nuova circolare dell'Inps per renderla effettiva anche per l'anno 2016 e seguenti’ ha tuonato Rizzetti che ha poi sottolineato come serva ‘solo una decisione politica’.
Non è una questione di soldi insomma. E’ una questione politica nella misura in cui deve essere il sistema politico a riprendere in mano le redini della situazione andando ad alimentare, per una volta, principi quali il bene comune e la giustizia sociale. ‘E’ importante che ci siano anche deipolitici a sottolinearel'urgenza di far rispettarela norma riguardante l’uscita dall’impiego delle donne che abbiano raggiuntoi requisiti richiesti fino al 2015’ ha dichiarato al riguardo il leader della CislGigi Bonfanti, anche se bisogna ammettere che riavvolgendo il nastro di questi tre anni si scopre quanto poco abbiano fatto i sindacati per tentare di porre un argine alla vicenda.
Se tra sei giorni verrà scritta la parola fine sul carro dei vincitori insomma dovranno salire in pochi. Un posto in prima fila lo merita senz’altro il presidente Damiano, che da mesi spinge per la risoluzione del problema connesso al pensionamento anticipato delle donne (l’ex ministro ha ribadito la cosa anche nel corso della trasmissione Coffee Break andata in onda due giorni fa su LA 7).
Subito dietro numerosi membri della Commissione Lavoro con in testa però Dianella Maroni e Orietta Armiliato, i due massimi dirigenti del Comitato Opzione Donna che in questi anni ha magistralmente saputo ‘sostituirsi’ a partiti e sindacati dimostrando quella forza e tenacia che dovrebbe sempre animare chi combatte certe battaglie. Era una questione di diritti ma è stato necessario che scendesse in campo chi ne faceva una questione personale perché la cosa andasse in porto. Tutte le aderenti al Comitato meritano a questo punto di salire su un carro che però, consentiteci di dire, non dovrà essere poi tanto grande. Il 90% di chi occupa le poltrone di Palazzo Chigi non dovrà salirvi, stesso discorso per MEF e Ragioneria che hanno voluto mille prove e mille altre ancora quando sarebbe bastato dare un’occhiata al testo di una legge per capire che non andavano trovati altri soldi.
La legge stessa ne aveva destinato un certo quantitativo al finanziamento di Opzione Donna e da quella cifra è avanzato un miliardo di euro. Se è stato usato per altro poco importa. Per una volta deve vincerela legge.