Tra qualche ora non ci saranno più proposte, dubbi e voci sulla nuova Legge di Stabilità, ma tutto sarà ratificato con la presentazione della manovra in Parlamento. Ormai ci siamo, il gran giorno è arrivato e tutto sarà più chiaro, resteranno solo le polemiche, ci si può scommettere. Il capitolo flessibilità in uscita, cioè l’anticipo di pensione che da più parti viene richiesto per correggere la rigida Legge Fornero, non sarà previsto nella manovra finanziaria, costi troppo elevati e tempi troppo ristretti. Il Premier ha promesso che nei primi mesi del 2016, la flessibilità sarà al centro di un Decreto singolo per porre la parola fine alla riforma della previdenza.
Nell’immediato, però, il Governo sta studiando una specie di mini flessibilità, o flessibilità part time da mettere subito in Legge insieme alla settima salvaguardia e all’estensione di Opzione Donna.
Flessibilità part-time
Il Governo sta studiando il modo di concedere una flessibilità in uscita a determinati soggetti senza doversi svenare. Un modo per sedare le polemiche ed accontentare qualcuno, ma non è una flessibilità vera e propria. Si tratta del part-time, ossia la possibilità concessa a coloro che hanno 63 anni e sette mesi di lasciare il lavoro a tempo pieno ed optare per il part-time e contemporaneamente di essere un “pre-pensionato”. La possibilità sarebbe concessa a tutti quelli che nel triennio 2016-2018 raggiungerebbero i requisiti idonei per la pensione secondo le regole della Legge Fornero.
In altri termini viene concessa al lavoratore la possibilità di avere una finestra di uscita triennale senza rimetterci nulla sia adesso come stipendio che in futuro come assegno pensionistico. La concessione di questa possibilità è sottoposta sempre all’accordo tra il lavoratore che sceglie l’opzione e l’azienda che la concede.
Come funzionerebbe e con quali costi?
È sottinteso che qualsiasi intervento in direzione della riforma delle Pensioni deve avere costi contenuti per le casse pubbliche e questo part-time ne è l’esempio. Questa manovra dovrebbe essere finanziata dallo stanziamento di 100 milioni di euro immediatamente per questa Legge di Stabilità e si pensa che l’esborso erariale resti identico per il biennio successivo.
Per il lavoratore, invece, nulla dovrebbe cambiare in busta paga perché l’azienda per cui lavora dovrebbe provvedere a pagargli la parte di stipendio mancante per la riduzione di ore di lavoro. L’intervento, infatti, prevede che il datore di lavoro versi al lavoratore, in busta paga, l’equivalente dei contributi che avrebbe dovuto versare all’Inps per il lavoro a tempo pieno, il differenziale quindi finirà nelle tasche del futuro pensionato. Per fare in modo che il lavoratore non ci rimetta niente ai fini pensionistici, l’Inps accrediterà questi contributi non più incassati per il futuro pensionato come figurativi. Il punto non chiaro è chi coprirà le ore di vuoto lasciate dal lavoratore in azienda.
Il datore di lavoro dovrà assumere un altro lavoratore part-time per coprire le ore restanti di coloro che optano per l’orario dimezzato? Ormai manca poco alla presentazione della nuova manovra finanziaria, le risposte sicuramente le troveremo nero su bianco, ma le discussioni non si placheranno.