Nel caos generale che regna nel nostro sistema pensionistico, uno dei problemi maggiori che incontrano gli italiani è capire come fare per andare in pensione. Non esistendo una flessibilità in uscita globale, la miriade di provvedimenti che consentono la pensione anticipata, creano confusione oltre che tra i futuri pensionati, anche tra i Patronati e professionisti del settore. Il dubbio sulla scadenza delle domande da presentare all’Inps e sul termine ultimo per dimettersi dal proprio lavoro è quello che non fa dormire milioni di cittadini. Alcuni messaggi, circolari e comunicazioni ufficiali dell’INPS però chiariscono molti di questi quesiti.

Vediamo quindi di fare chiarezza su molti di questi dubbi.

Dubbi, paure e perplessità

Un tipico esempio di tutto quello che stiamo dicendo riguarda opzione donna (ma vale per tutti gli istituti di uscita anticipata in vigore oggi), cioè la pensione anticipata concessa alle donne che hanno raggiunto 57 anni e 3 mesi di età, con 35 anni di contributi, entro il 2015. La domanda che tutte le lavoratrici si pongono è come capire se effettivamente si rientra nell’opzione e come essere sicure di potersi licenziare. In prima battuta, sembrava che l’adesione ad opzione donna dovesse avvenire entro la data di scadenza del 31 dicembre 2015. Molte lavoratrici sono impaurite dal fatto che licenziandosi, rischiano di ritrovarsi senza lavoro e senza pensione se, per via di qualche cavillo, non venisse più concessa, alle stesse, la pensione anticipata.

L’INPS invece, ha chiarito che anche per questo istituto, vale la regola della “cristallizzazione dei requisiti”, cioè del diritto già maturato. In parole povere, le donne che hanno maturato i requisiti, possono fare domanda per tutto il 2016, senza necessariamente doversi licenziare immediatamente o avere già presentato istanza nel 2015.

Questo perché ormai hanno maturato i requisiti utili all’uscita e questi diritti non vengono persi qualora si ritardi a dare il via agli adempimenti necessari. Per lo stesso principio, non è necessario presentare le dimissioni immediatamente perché la Legge consente di restare al lavoro fino alla data di decorrenza della pensione.

Quando dimettersi?

A dire il vero, l’INPS non erogherà al pensionato, l’assegno previdenziale fino a quando non risulterà cessato dal lavoro. La cessazione quindi deve avvenire almeno un giorno prima della decorrenza della pensione. Inoltre, in base ai diversi CCNL (Contratto Collettivo Nazionale Lavoro) e quindi alle diverse tipologie di lavoro, le dimissioni devono essere presentate con un certo numero di giorni di preavviso. Il rischio di ritrovarsi senza stipendio e senza pensione non esiste perché diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno stabilito il principio dell’annullamento delle dimissioni. In parole povere, se un lavoratore, per errore, ha creduto di poter andare in pensione con determinati requisiti, che successivamente si è appurato, non avesse, può chiedere la revoca delle dimissioni e quindi di poter rimanere al lavoro.

Per stare ancora più tranquilli è possibile richiedere all’INPS la certificazione del diritto alla pensione, cioè quel documento ufficiale rilasciato dall’Istituto che mette nero su bianco la certezza di avere i requisiti necessari per la pensione.