Ancora l'Unione Europea al centro del dibattito previdenziale. Secondo Tito Boeri, per introdurre la pensione anticipata occorre, prima di tutto, convincere Bruxelles. Su che punto? Sul calo del debito futuro. In una lunga intervista a Repubblica, il numero uno dell'Inps è tornato a parlare della riforma Pensioni, dicendo la sua anche sull'argomento del momento, il possibile taglio delle pensioni di reversibilità. Parole non di certo nuove agli occhi degli addetti ai lavori, che seguono ormai la discussione da tempo.

'Va convinta Bruxelles'

Come un capitano di lungo corso, Boeri indica la strada da seguire da parte del governo per l'introduzione della flessibilità in uscita dal lavoro.

Secondo il professore, l'Italia deve ridiscutere con Bruxelles il Patto di Stabilità in Europa. L'economista italiano, docente all'Università Bocconi, spiega che l'Ue debba essere convinta su un punto fondamentale: 'Con la riforma previdenziale, dopo un primo peggioramento del disavanzo, la spesa futura sarà più bassa poiché - spiega - l'importo dell'assegno sarà più basso', questo per via della penalizzazione che il lavoratore accetta al momento della richiesta della pensione in anticipo. Per il 'ministro ombra del governo Renzi', come più volte è stato definito dai media nazionali, le pensioni flessibili possono diventare realtà soltanto se l'esecutivo riuscirà a far capire all'Europa ('dei burocrati', volendo citare Damiano), che la spesa pensionistica nel lungo termine sarà più bassa.

'Ci sarebbe altro da cambiare'

In merito alla ventilata riforma delle pensioni di reversibilità, la risposta di Boeri è stata eloquente. In un primo momento ha sottolineato che nel piano Inps non c'era alcuna proposta su questo tema anche perché non c'è un problema di sostenibilità ed inoltre, aggiunge il professore, 'è già stata fatta la riforma legata alla situazione reddituale del superstite'.

Quindi arriva l'affondo contro la decisione assunta dall'esecutivo, affermando che 'ci sarebbe altro da cambiare'. Entrando maggiormente nello specifico, l'ex consulente del Fondo monetario si è detto sorpreso del fatto che 5 miliardi di prestazioni assistenziali finiscano nelle tasche del 30 percento più ricco della popolazione.

Durante l'intervista è inoltre tornato a parlare delle buste arancioni, tema che sta a cuore al presidente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. A riguardo, ha voluto rassicurare che l'istituto da lui presieduto si impegna nel 2016 a consegnare le ormai famose buste a circa 10 milioni di lavoratori.