Dopo la bozza di proposta di riforma previdenziale, resa pubblica dal sottosegretario Nennicini, l’argomento Pensioni è quello su cui si spendono più parole in queste ore. Ieri sera, intervenendo su Rai Due alla trasmissione Virus, il Contagio delle Idee”, il Ministro Damiano è tornato a parlare, tra gli altri argomenti previdenziali, anche delle ricongiunzioni dei contributi. Questo tema, da sempre al centro del pensiero del Presidente della Commissione Lavoro della Camera, deve essere al centro di qualsiasi riforma previdenziale. Da correggere l’onerosità in termini di costo che il lavoratore deve sostenere per portare tutti i contributi versati nella sua vita lavorativa, ad una unica cassa previdenziale che deve erogare la pensione.

Gli ultimi interventi di Damiano

Ospite della seconda rete di Stato, Damiano ha ribadito alcuni suoi concetti sul tema ricongiunzioni in relazione alla storia di una signora al lavoro da ormai 45 anni ha un problema di questo tipo. La lavoratrice, oggi in servizio nel Pubblico Impiego, ma con 35 anni versati nel settore privato, si è trovata nella condizione di non poter ricongiungere i contributi tra Inps ed INPDAD, perché passare 35 anni alla cassa pubblica, sarebbe troppo oneroso (400 euro al mese). Passare i 10 anni di contributi dall’INPDAD all’INPS invece, nonostante la recente fusione delle due casse previdenziali, non è possibile perché le regole di pensionamento tra pubblico e privato, per le donne sono diverse.

Per Damiano non c’è alcun problema tecnico che fa ristagnare la domanda di ricongiunzione della signora, ma è colpa della Legge 122/10 del Governo Berlusconi, che poi si è inasprita con la Fornero.

Le ricongiunzioni divennero onerose per evitare che le lavoratrici statali portassero i contributi all’INPS per accedere alla pensione a 60 anni come per tutte le lavoratrici del settore privato, invece che a 65 per il pubblico.

Per Damiano la correzione da apportare a questa evidente anomalia è quella applicare alle diverse casse previdenziali, la formula che si applica alle pensioni estere. Così come i periodi di lavoro in Francia, Germania e così via, danno luogo a pensioni e quindi a liquidazioni indipendenti l’una dall’altra, così si dovrebbe operare con i periodi versati in diverse casse.

Per esempio, l’INPDAD erogherebbe una pensione per l’equivalente dei contributi ad essa versati e l’INPS farebbe la stessa cosa, senza necessariamente accorparli in un unico contenitore.

Unire i contributi oggi, non solo ricongiunzione

A dire il vero, oggi esistono diverse modalità per accorpare i contributi e quindi per andare in pensione, ma tutti con penalizzazioni sempre per i pensionati. Se la ricongiunzione, come dicevamo, dal 2010 è onerosa, la totalizzazione è gratuita. Il limite però è l’assegno pensionistico calcolato con il sistema contributivo che di fatto significa pensione ridotta. La totalizzazione è un istituto concesso a tutte le tipologie di lavoratori, a condizione che i contributi versati in ciascuna cassa previdenziale, siano superiori a 3 anni ciascuna.

Con almeno 20 anni di contributi si può richiedere a 65 anni di età, mentre con almeno 40 anni di contributi, il vincolo anagrafico scompare. Dal 2013 poi è in azione anche il cumulo, altra modalità di riunificazione contributiva. Questa formula è più vantaggiosa delle precedenti perché non prevede il calcolo della pensione con il metodo contributivo, o almeno non lo prevede obbligatoriamente. Infatti la pensione sarebbe calcolata sommando ciò che erogherebbe ogni singolo fondo secondo le sue regole. I requisiti da detenere in ciascuna cassa dove si sono effettuati i versamenti, per il cumulo però, sono stringenti. Necessario non aver raggiunto in nessuna cassa un diritto alla pensione maturato con il contributivo. Bisogna invece aver raggiunto il minimale contributivo previsto da ogni singola cassa.