Ormai è quasi ufficiale che nella prossima Legge di Stabilità ci saranno interventi sul capitolo Pensioni e previdenza. Le problematiche previdenziali che il Governo cerca di risolvere e per le quali ha già effettuato diversi incontri con i sindacati saranno coperte con interventi nella manovra finanziaria. Il pacchetto di misure e provvedimenti sembra già pronto, tanto è vero che adesso l’attività si è spostata sulle cifre, cioè sui costi che misura per misura, il Governo dovrà sostenere o almeno mettere in previsione. Nella realtà dei fatti però, nonostante le buone intenzioni, le parole e le promesse, le cifre di cui parla l’Esecutivo, quelle che vorrebbe destinare alle pensioni, nella prossima Legge di Stabilità, sembrano poche.

Poche speranze per i precoci?

Il prossimo 12 settembre, nell’ultimo dei 3 incontri che il Governo ha già calendarizzato, sarà presentato ai sindacati, il pacchetto completo di interventi previdenziali, con annesse le coperture finanziarie, cioè l’entità della spesa che dovrà sostenere lo Stato. Tutto l’insieme di misure, ruota intorno all’APE, la pensione flessibile finanziata dalle banche sotto forma di prestito. Su quella che sarà la novità previdenziale del 2017, il Governo deve reperire tra i 500 ed i 600 milioni, cifre queste che dovrebbero consentire all’Esecutivo di abbattere la penalizzazione di assegno cui andrebbero incontro pensioni di importo basso e pensionati meritevoli di tutela perché in condizioni di disagio reddituale o familiare.

Essendo l’APE il provvedimento cardine del Governo, nessun tipo di problema ci dovrebbe essere, sia dal punto di vista normativo che delle coperture, visto che per le pensioni di importo normale, tutti i costi della misura sarebbero a carico dei pensionati. Diverso il discorso per le altre urgenze previdenziali, prima fra tutte quella dei precoci.

Il Governo ha in mente di stanziare 1,5 miliardi di euro per l’intero pacchetto previdenziale ed è evidente che se a questo togliamo i 500 milioni dell’APE, coprire tutte le necessità, appare impossibile. Nell’ottica del risparmio obbligatorio, il Governo pensa a ridurre la portata degli interventi, cioè di trovare soluzioni ridotte che abbassino la spesa.

Ecco perché la famosa Quota 41 per i lavoratori precoci sembra una chimera.

Il costo dello scivolo precoci erode tutto

I lavoratori precoci sono tra i più penalizzati dalla Legge Fornero. Sono soggetti che avendo iniziato a lavorare molto presto, si trovano con un montante di contributi versati superiore ai 40 anni. Se prima dell’avvento del Governo Monti e del Decreto “Salva Italia”, 40 anni di contributi erano sufficienti, oggi non lo sono più. Con le attuali norme, sono necessari 42 anni e 10 mesi di contributi per poter ottenere la pensione anticipata senza limiti anagrafici. In parole povere, la Fornero ha allontanato di quasi 3 anni la pensione per questi lavoratori. Ecco perché, i comitati pro quota 41, i gruppi e le associazioni di lavoratori, chiedono che venga loro consentito di lasciare il lavoro al raggiungimento di 41 anni di versamenti.

L’operazione sarebbe troppo costosa per le casse statali perché il numero di lavoratori precoci è elevato. Ecco perché il Governo ha in mente una soluzione più a basso costo, quella del Bonus contributivo, che ridurrebbe la platea di pensionati da pagare in anticipo rispetto alle norme attuali. Aumentando il valore dei contributi versati prima dei 18 anni di età, si consentirebbe l’anticipo a meno della metà dell’intera platea di precoci. Il costo dell’operazione però sarebbe tra 1,2 ed 1,8 miliardi a seconda che si concedano 3 o 4 mesi di bonus ogni anno di versamenti sotto la maggiore età. In linea di massima, i soldi che il Governo ha in mente di destinare al pacchetto pensioni, non basterebbero a coprire APE e scivolo precoci. Senza contare poi, le ricongiunzioni, gli usuranti e le quattordicesime da finanziare.