La manovra finanziaria o Legge di Bilancio, licenziata dal Consiglio dei Ministri sabato scorso adesso aspetta l’ok di Bruxelles e poi l’approvazione del Parlamento. Secondo Renzi ed il Governo, la partita si potrebbe chiudere prima del 4 dicembre, data dell’atteso referendum costituzionale. Il presidente della Commissione Lavoro Damiano è tornato a parlare delle Pensioni, soprattutto per quanto concerne il pacchetto di misure messe in piedi dal Governo proprio nella Legge di Bilancio. Il suo giudizio appare negativo, soprattutto per l’APE social, sulla quale il Governo con un colpo di coda ha innalzato le soglie necessarie per ottenerla.

Damiano duro sul pacchetto

Il Presidente Damiano è da sempre fautore e promotore di una proposta di riforma del sistema previdenziale che dopo la presentazione del pacchetto previdenziale delle nuova Legge di Bilancio, sembra caduta nel dimenticatoio. Quota 41 per tutti i lavoratori precoci, pensione anticipata a 63 anni di età con 35 di contributi ma con piccole penalizzazioni per anno di anticipo, chiusura del capitolo esodati ed opzione donna strutturale. Questi i suoi cavalli di battaglia, ma anche se per esempio, l’APE prevede una uscita anticipata a 63 anni, il meccanismo non va giù a Damiano.

Prima di tutto per via del prestito previsto dall’APE e quindi dell’ingresso delle banche nel sistema previdenziale che di fatto significa pesanti penalizzazioni di assegno pensionistico futuro.

Nelle sue dichiarazioni post CDM, Damiano è tornato a contestare anche l’APE nella versione agevolata, quella social. Per Damiano, le uniche note positive sono l’innalzamento a 1.500 euro del tetto per rientrare nell’APE a costo zero ed il fatto che nel computo dei contributi saranno validi anche quelli da disoccupazione INPS.

Per ottava salvaguardia esodati ed opzione donna, un giudizio è rimandato a quando saranno presentati i provvedimenti, oggi ancora appesi. Per i precoci invece, ok alla cancellazione delle penalizzazioni per chi riuscirà ad uscire con quota 41, anche se ad oggi la possibilità è data a pochissimi lavoratori. Questo perché i requisiti di disabilità personale, di un familiare di 1° grado o lo stato di disoccupazione, insieme ai 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni, ne restringono la platea di possibili fruitori.

Troppi 36 anni di contributi

Per l’APE agevolata che sarebbe erogata a spese dello Stato, il Governo all’ultimo minuto ha innalzato le soglie contributive necessarie. Per chi è disoccupato (probabilmente di lunga data), disabile o che assiste un familiare disabile, potrà percepire l’APE gratuita, ma non bastano 20 anni di contributi come inizialmente previsto, bensì 30. Sembra un controsenso, agevolare l’uscita verso la pensione di vecchiaia che prevede 20 anni di versamenti, rendendo necessari 30. Va peggio per chi svolge mansioni considerate pesanti, che secondo indiscrezioni ancora in attesa di conferma, dovrebbero essere le maestre di asilo, gli infermieri delle sale operatorie, camionisti, macchinisti e edili.

Per loro infatti saranno necessari 36 anni di versamenti, troppi per Damiano. SI corre il rischio di tagliare fuori una larga fetta di questi lavoratori, cioè quelli che pur avendo l’età (63 anni), hanno meno di 36 anni di contributi.

Situazione opposta per chi magari ha oltre 36 anni di contributi ma che non ha ancora 63 anni di età. Per questi niente uscita anticipata, nemmeno con la quota 41 se non si rispettano le condizioni stringenti di cui parlavamo nel paragrafo precedente. In definitiva, nessuna soddisfazione per un pacchetto che creerà una evidente anomalia, cioè niente pensione anticipata per chi ha l’età ma non ha i contributi, oppure che ha i contributi ma non l’età.