Dopo 7 anni di blocco, di mancato adeguamento alla perequazione, il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici è arrivato. Ieri sera il Governo ed i sindacati hanno firmato l’accordo che di fatto mette la parola fine a questa lunga questione. A Palazzo Vidoni, sede del Ministero guidato dalla Madia, Barbagallo, Camusso e Furlan, i tre segretari di CGIL, CISL e UIL dopo una lunga ed estenuante trattativa hanno siglato l’intesa con il Governo. La fumata bianca è arrivata ieri sera ed il nuovo contratto presenta numerose novità per i lavoratori.
Aumento dignitoso?
Ad un anno di distanza dalla sentenza della Consulta circa l’incostituzionalità del blocco dei contratti per i lavoratori del Pubblico Impiego, il Governo ne ha finalmente definito il rinnovo. Il tavolo di discussione iniziato ieri mattina alle 11 è terminato nel tardo pomeriggio. Dal punto di vista delle cifre, il Governo mette sul piatto 5 miliardi di euro per il triennio 2017-2019, sottintendendo che oltre a quanto stanziato nella Legge di Bilancio che in questi giorni sarà approvata, ci saranno dotazioni anche per le prossime manovre. Per i lavoratori, previsto un aumento medio di 85 euro lordi al mese. Le cifre di cui si parlava negli ultimi giorni sono state confermate, così come il fatto che si tratti di un aumento medio.
Su quest’ultimo particolare, sembrava che i sindacati non fossero d’accordo, perché chiedevano che gli 85 euro fossero considerati come aumento minino e non medio. Sembra che il Governo su questo abbia avuto l’ultima parola e la Madia, nella Conferenza stampa post-summit ha ribadito il concetto che l’aumento medio nasce per dare di più a chi ha uno stipendio più basso e che ha subito la crisi in maniera maggiore.
Gli aumenti quindi non saranno uguali per tutti, ma avranno un occhio di riguardo per le situazioni reddituali più precarie.
Incentivi, premi e bonus fiscale
Cauti ma soddisfatti i commenti dei sindacati che hanno raggiunto l’obbiettivo di far rientrare nell’accordo anche il Comparto Scuola che sembrava essere stato escluso dal rinnovo.
L’accordo prevede anche l’apertura alla contrattazione di secondo livello, cioè la possibilità di intervenire con modifiche ai contratti, aumenti in busta paga ed interventi sulla qualità del lavoro in ogni singolo Comparto in maniera distinta. L’accordo non significa che tutto sia stato fatto, perché adesso bisognerà ottenere il benestare anche della Conferenza Stato-Regioni. Solo dopo quest’altro passaggio la bozza di accordo passerà all’Agenzia per la negoziazione (ARAN) e quindi alla stesura definitiva del nuovo contratto. Il tutto reso più difficile dall’ultima sentenza della Consulta che ha parzialmente bocciato la riforma della Pubblica Amministrazione ed il suo testo unico su cui lavora la Madia.
Oltre che di aumenti lordi di stipendio, la bozza prevede premi di produttività, quelli che fino ad oggi sono stati erogati a pioggia ai dipendenti, e che seguiranno altre regole. Il Governo parte dal meccanismo della riforma Brunetta, quello della meritocrazia, nonché dalla lotta a quel brutto fenomeno dei furbetti del cartellino che tanto fanno discutere. Ecco perché il rinnovo prevede anche una serie di incentivi in busta paga commisurati alle presenze dei dipendenti. Probabilmente si stileranno delle soglie medie di presenze in base alla quale, chi si presenta più volte al lavoro percepirà una maggiore fetta di premi. Nell’accordo, le parti si impegnano a trovare annualmente, criteri di valutazione e di individuazione dell’effettiva produttività dei vari enti e dei singoli lavoratori.
In definitiva, premi maggiori a chi più produce ed a chi risulta più virtuoso. L’ultimo nodo da sciogliere, che ha trovato il Governo pronto ad impegnarsi, è il problema del Bonus Renzi, quello degli 80 euro che finiscono nelle tasche di 800mila lavoratori pubblici. Il rischio che per via dell’aumento previsto dal rinnovo, questi perdano il bonus, deve essere detonato.