La matematica non è una opinione, recita un detto comune e questo vale anche in materia previdenziale. I numeri dell'INPS, sui risultati di molti degli interventi previdenziali varati negli ultimi tempi dal Governo, sono inferiori alle previsioni. Per evidenti ragioni di bilancio, i Governi degli ultimi anni non sono riusciti a impiantare una vera e propria controriforma della Legge Fornero. Molte novità sono state, comunque, inserite e accompagnate da toni entusiastici da chi, evidentemente, in queste misure credeva fortemente. Fatto sta che quasi tutti i provvedimenti lanciati hanno risultati al di sotto delle attese.
Dall’INPS la verità dei numeri
Il Presidente dell’INPS Tito Boeri, durante la consueta presentazione delle statistiche dell’Istituto avvenuta lo scorso 3 febbraio, ha decretato il flop di una serie di misure previdenziali. Il part time pensionistico per esempio, nato nel giugno 2016 e che fu accompaganto da una forte campagna mediatica sui vantaggi per lavoratori e datori di lavoro. La misura consentiva a soggetti prossimi a raggiungere i 66 anni e 7 mesi con venti di contributi (entro il 31 dicembre 2018), di mettersi d’accordo con il datore di lavoro per ridurre anche del 60% il proprio orario di lavoro. Il lavoratore avrebbe continuato a percepire lo stesso stipendio, grazie al versamento dell’equivalente dei contributi previdenziali mancanti in busta paga.
In questo modo, la riduzione di orario non avrebbe ridotto, né il reddito e neanche i contributi da accumulare per i lavoratori. Sarebbe stato l’INPS a considerare lo stesso i contributi in meno versati e finiti nella busta paga del lavoratore, come utili al calcolo della futura pensione. Nell’idea dei legislatori questa era una misura che avrebbe agevolato l’uscita dal mondo del lavoro dei dipendenti più anziani e rilanciato l’occupazione dei giovani, in loro sostituzione.
Il Governo parlava di una platea di 30.000 possibili beneficiari, ma l’INPS ha certificato come fino ad oggi, solo 200 soggetti hanno utilizzato questo canale. Un fallimento su tutta la linea sul quale anche il Ministro Poletti ha preso atto dichiarando di voler iniziare a lavorare su altro.
Il contatore di opzione donna
Il part time pensionistico ha fatto flop come il TFR in busta paga dell’anno prima, che mirava a dare ossigeno ai lavoratori vessati dalla crisi, consentendogli di prendere in anticipo quanto messo da parte per il post lavoro.
Un’altra misura su cui il Governo ha speso molto in termini di impegno e lavoro è opzione donna. Si tratta della possibilità di uscire dal lavoro con 57 anni e 7 mesi di età e con 35 di contributi. Alle lavoratrici però viene chiesto di rinunciare a parte della pensione futura per via della pesante penalizzazione, dovuta al calcolo contributivo della pensione. Anche questa misura non sembra aver avuto un particolare appeal nelle lavoratrici. Secondo l’INPS, in totale, tra 2016 ed inizio 2017, sarebbero poco più di 14.000 le donne che hanno voluto sfruttare l’uscita anticipata. Anche in questo caso, risultati al di sotto delle attese, con molti soldi stanziati inutilizzati e che dovrebbero consentire di allargare la platea delle beneficiarie.
Questo, sempre che il Governo abbia ancora voglia di scommettere sulla misura.
Dubbi anche sull'APE
Opzione donna è un esempio di come risponde il popolo a interventi che anticipano la pensione, ma a spese dei lavoratori. Il dubbio che a breve si torni a parlare di flop anche per l’APE non è una ipotesi remota. L'APE nella versione volontaria, chiede ai lavoratori di accettare una pensione in prestito che va restituita quando davvero si percepirà la propria. In parole povere, il pensionato dovrà accettare un taglio di assegno futuro, per andare in pensione a 63 anni. Anche in questo caso il Governo prevede molte adesioni, forse troppe. I dubbi restano e fanno pendere la bilancia verso il successo solo per l’APE sociale.