E pensare che in Giappone è previsto dal 1947. Ma come si dice di solito “la speranza è l'ultima a morire”. Ed è proprio quella lucina che vorrebbero vedere moltissime lavoratrici italiane, che la proposta depositata alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati si trasformi finalmente in legge. Tre giorni di congedo mestruale, un permesso mensile durante il ciclo.

Tre giorni retribuiti senza dover chiedere ferie o mettersi in malattia. Non male, sarebbe una conquista meritata e degna di nota. Tuttavia, il futuro congedo non spetterà a tutte le donne indistintamente, il “paletto” della proposta di legge si chiama dismenorrea.

Cioè, un ciclo particolarmente doloroso.

Cos'è la dismenorrea

Questa particolare condizione è diretta responsabile di forti dolori addominali anche nei giorni precedenti all'arrivo del vero ciclo. Inoltre, le donne affette da dismenorrea sono soggette a nausee, emicranie, mal di schiena e malesseri di vario genere. E che spesso le rendono temporaneamente inabili al lavoro.

La dismenorrea si può presentare in due diverse forme: primaria e secondaria. La forma primaria è una condizione che non trova giustificazione in una patologia pelvica come ad esempio, l'appendicite, le infezioni delle vie urinarie, le coliche, ecc. Quella secondaria invece, sono conseguenti a patologie ginecologiche quali l'endometriosi, l'adenomiosi, cisti, fibromi, malformazioni congenite, ecc.

La proposta di legge

Ad avere pieno diritto al congedo mestruale sarebbero tutte le lavoratrici del settore pubblico e privato. Al riguardo, le donne che potranno usufruire dei tre giorni di permesso retribuito dovranno presentare ai rispettivi datori di lavoro un certificato medico che attesti la particolare patologia. Detta attestazione andrebbe consegnata ogni anno entro il 31 gennaio.

Inoltre, la proposta prevede che quei tre giorni mensili di assenza giustificata non siano equiparati a nessuno degli istituti esistenti, né dal punto di vista retributivo né tantomeno dal punto di vista contributivo.

Nonostante un certo ritardo, anche il legislatore italiano sta pensando a un serio problema che affetta circa il 50% delle lavoratrici. In bocca al lupo.