La Riforma Pensioni torna a far parlare di sé. Al centro della polemica però questa volta il modus operandi delle Istituzioni politiche che, al contrario dei tempi annunciati inizialmente, oggi sembrano essere in netto ritardo con la tabella di marcia. L'Ape, infatti, l'anticipo pensionistico che permetterebbe a chi è in possesso dei requisiti di uscire prima dal mondo del lavoro, doveva vedere la propria attuazione entro i primi di maggio ma, proprio per una serie di scadenze non rispettate, di fatto attualmente rischia il flop.

I problemi sono diversi: mancano i tre decreti attuativi, le due-tre circolari INPS previste e l'accordo quadro con le banche e le assicurazioni, e né il parere del Consiglio di Stato né la registrazione della Corte dei Conti sono ancora avvenuti.

Sembra difficile dunque pensare che tutto, soprattutto in vista delle prossime vacanze pasquali, possa essere pronto nel giro di poche settimane.

Lentezze e ritardi decisamente in contrasto soprattutto con il meccanismo complesso e costoso dell'Ape volontaria che invece implicherebbe un attento e concreto approfondimento di tutti gli interessi coinvolti. Secondo molti, infatti, l'Ape volontaria (al contrario dell'Ape sociale) non renderebbe vantagggiosa l'uscita anticipata dal mondo del lavoro, poiché la riduzione dell'assegno pensionistico percepito in seguito dall'interessato (che servirà a pagare/restituire il prestito concesso dalla Banca) di fatto non riconoscerebbe alcun beneficio all'ex lavoratore.

Come sappiamo l'Ape volontaria permette di anticipare l'uscita da un minimo di 6 ad un massimo di 43 mesi. L'interessato fa domanda all'INPS e, dopo aver conosciuto l'entità dell'assegno e delle future rate, inoltra la propria richiesta di finanziamento alla banca, la quale garantirà in questo modo la fruizione di un assegno mensile al soggetto fino al raggiungimento dell'età pensionabile.

Dunque l'anticipo si configura a tutti gli effetti come un prestito che, in quanto tale, dovrà essere restituito al raggiungimento della pensione vera e propria (tramite delle rate mensili che vedranno l'importo di quest'ultima ridursi inevitabilmente).

Molto più vantaggiosa invece è l'Ape sociale che di fatto rappresenta un'indennità pagata dallo Stato.

Un vero e proprio ammortizzatore sociale che, tuttavia, stando alle denunce presentate dai sindacati dei lavoratori, presenta non pochi problemi. Tra tutti questi, in particolare spiccano i requisiti richiesti per poter godere di questo beneficio e i fondi a disposizione messi dal Governo. I primi infatti risultano essere troppo rigidi e poco flessibili, mentre i secondi, invece, potrebbero risultare insufficienti, tanto da poter addirittura far saltare le erogazioni future.