Il Ddl autonomi, al momento in discussione al Senato, contiene la normativa relativa allo smart working, che presto potrebbe fare il suo ingresso nell'ordinamento italiano.

Smart working: cos'è?

Innanzitutto, lo “smart working” è una modalità flessibile di svolgimento dell'attività lavorativa che consente al dipendente di lavorare in un luogo diverso dalla propria sede di lavoro, in modo non stabile e continuativo, con il supporto dei sistemi tecnologici. Non cambia la tipologia del rapporto di lavoro che resta, a tutti gli effetti, lavoro subordinato; rappresenta solo una variazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa e come tale non incide su obblighi e doveri dei lavoratori interessati.

L'obiettivo del legislatore è quello di sfruttare al meglio le opportunità concesse dalle nuove tecnologie per aumentare la conciliazione vita – lavoro e la soddisfazione personale, incrementando di conseguenza la produttività e riducendo il tasso di assenteismo. Stipulare un accordo di “Smart working” significa responsabilizzare il lavoratore, garantendo maggior flessibilità, autonomia e fiducia.

La normativa

Entrando nel merito del disegno di legge, è prevista la possibilità di applicare lo smart working nel rapporto di lavoro subordinato sia pubblico che privato, mentre non è previsto per il lavoro autonomo, anche in forma di collaborazioni coordinate continuative.

Il contratto di lavoro agile dovrà essere concordato tra le parti e stipulato per iscritto, sia ai fini della prova che ai fini della regolarità amministrativa.

Dovrà essere comunicato on-line ai servizi per l’impiego entro il giorno antecedente l’inizio della prestazione (per la P.A. il termine è il ventesimo giorno del mese successivo) e dovrà contenere l’indicazione del luogo di lavoro, le modalità di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, i periodi di riposo e di disconnessione, le modalità di recesso e il trattamento economico (che non potrà essere inferiore a quello applicato dai CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, territoriale o dalle RSA o RSU, ai lavoratori che svolgono la prestazione lavorativa all’interno dell’impresa).

Potrà essere stipulato a tempo determinato (senza limiti di proroghe, essendo non un contratto di lavoro a tempo determinato ma solo una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa) o anche riguardare solo fasi, cicli e obiettivi.

Smart workers in Italia

Come spesso accade, il Legislatore non introduce una novità nel sistema ma regolamenta un contesto che diverse importanti realtà (Enel, Barilla, Gruppo FS Italiane, Ferrero sono alcuni esempi) stanno già vivendo, avendo stipulato accordi sindacali per sperimentare questa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Secondo i dati raccolti dall'Osservatorio del Politecnico di Milano, i lavoratori smart in Italia sono circa 250 mila, pari al 7% del totale dei quadri, impiegati e dirigenti, circa il 40% in più rispetto al 2013, anche se al momento la presenza di accordi strutturali di smart working sembra sia per lo più circoscritta alle grandi imprese. Vedremo se l'entrata in vigore del Disegno di legge riuscirà a coinvolgere anche le PMI, segmento fondamentale del tessuto economico italiano.