É proprio il caso di dirlo, se la riforma Pensioni 2017 non dovesse apportare modifiche significative, dal 2019 la pensione la si vedrà col binocolo. Già, perché se per l'uscita anticipata tramite Ape social e Quota 41 le polemiche non accenno a diminuire, ad infiammare ancor di più la categoria dei lavoratori ci pensa il presidente dell'Istata, Giorgio Alleva. Durante l'audizione sulle proposte di legge per l'equità tra giovani e anziani, il presidente ha affermato che l'età pensionabile potrebbe aumentare di ben cinque mesi dall'1 gennaio del 2019.
Stando a quanto riportato da Pensionioggi.it, dunque, si passerebbe dai 66 anni e 7 mesi in vigore dal 2018 a 67 anni a partire dal 2019. Questo perché in base agli scenari demografici, come dichiarato dallo stesso Alleva, è possibile fare una traiettoria dei requisiti necessario per il pensionamento futuro. Dal 2021 si arriverebbe a 67 anni e 3 mesi, mentre dal 2051 si prospetta addirittura un'età anagrafica di 69 anni e 9 mesi. Questo perché a partire dal 2023 è previsto un incremento di due mesi ogni volta. Il prossimo aggiornamento, comunque, entrerà in vigore dall'1 gennaio del 2019 e sarà costruito sul triennio 2013-2016.
Riforma pensioni, scenario pauroso
Secondo i dati riportati da Alleva, lo scenario sarebbe quello peggiore possibile per chi aspira alla pensione nei prossimi anni.
Lo scorso anno era stata la RGS a parlare di un adeguamento meno forte grazie alla frenata da parte della speranza di vita degli ultimi anni, ma le parole di ieri di Alleva suonano come un campanello d'allarme davvero pericoloso. Anche Cesare Damiano si era espresso chiaramente sull'aspettativa di vita, definendolo come un qualcosa che deve essere assolutamente abrogato.
Riforma pensioni: aumentano i requisiti anche per l'uscita anticipata
Se lo scenario dovesse essere confermato, inoltre, anche i requisiti per la pensione anticipata dovrebbero aumentare: dal 2019 saranno necessari 43 anni e 3 mesi di contribuzione per gli uomini, a fronte degli attuali 42 anni e 10 mesi, e 42 anni e 3 mesi per le donne, a fronte degli attuali 41 anni e 10 mesi.
Per quanto riguarda i lavoratori precoci, invece, dalla ormai nota quota 41 anni di contribuzione si passerà a 41 anni e 5 mesi. In generale, comunque, si può affermare che i cinque mesi di incremento si registreranno per quasi tutte le prestazioni previdenziali dell'Inps. Unica eccezione per quanto riguarda i lavoratori usuranti, che possono giovare del congelamento degli adeguamenti fino al 2026. Per rimanere sempre aggiornati sulle ultime notizie sul tema riforma pensioni 2017 o sul mondo del lavoro in generale è possibile cliccare sul tasto "SEGUI" presente in alto accanto al nome dell'autore di questo articolo.