Dopo il riavvio delle consultazioni tra Governo e Sindacati sono finalmente emersi i primi dettagli in merito all'ipotesi riguardante la creazione della nuova pensione di garanzia, uno dei punti chiave citati all'interno del verbale di accordo firmato dalle parti ormai un anno fa. Prima di entrare nel merito della vicenda, è doveroso però ricordare che non stiamo parlando della futura pensione di chi rientra nel sistema misto, ma solo di coloro che hanno iniziato la propria carriera successivamente al 1995. Nella pratica, il grosso dei potenziali beneficiari è individuabile a partire dalle classi statistiche dei nati negli anni '80 e '90, con particolare riferimento a chi ha avuto una carriera discontinua e precaria.
Per questi soggetti potrebbe essere particolarmente difficile raggiungere i criteri del pensionamento ordinario. Ad oggi si parla di quasi 67 anni di età, 20 anni di versamenti e di un moltiplicatore (di cui parleremo a breve), ma il parametro dell'aspettativa di vita continuerà ad adeguare al rialzo l'orizzonte di quiescenza. Al contempo, non essendoci un adeguamento al minimo come avviene per il sistema misto e retributivo, con le regole attuali si rischia che risulti maggiormente penalizzato proprio chi ha avuto più difficoltà durante la vita lavorativa, perché a stipendi bassi corrisponderanno assegni altrettanto bassi.
Pensioni di garanzia, il vincolo del moltiplicatore rispetto all'assegno sociale
A complicare ulteriormente le cose per i giovani è un parametro deciso con la Manovra Fornero, che consente l'uscita dal lavoro in età ordinaria solo se si può vantare un assegno uguale o superiore ad 1,5 volte il minimo Inps. Si tratta di un fatto non scontato per chi ha avuto una carriera discontinua perché in futuro il parametro dell'AdV interverrà anche sui coefficienti di conversione del montante in rendita.
In pratica, al crescere della speranza di vita diminuirà il valore degli assegni, visto che il sistema dovrà tenere conto del fatto che quest'ultimi andranno pagati per più tempo. Con il nuovo intervento correttivo si potrebbe invece passare ad un moltiplicatore più modesto, corrispondente ad 1,2 volte il minimo (circa 540 € ad oggi).
Nel caso non si raggiungesse tale soglia, secondo le regole vigenti bisognerà comunque affrontare uno scalino corrispondente ad un ulteriore quadriennio, andando oltre la soglia dei 70 anni.
Assegno di base, come cambierà l'importo minimo delle pensioni per i giovani
Se si analizza nel dettaglio la nuova proposta di riforma, si scopre però che a cambiare non sarà solo il parametro anagrafico per l'accesso alla quiescenza. L'intervento di tutela allo studio consentirebbe anche la creazione di un assegno di garanzia, tale per cui sarà possibile cumulare (per chi non possiede altri redditi) l'assegno previdenziale contributivo con la pensione sociale. In questo modo, si verrebbe a creare un nuovo assegno base o di garanzia, che dovrebbe attestarsi almeno attorno alle 660 euro al mese.
I sindacati chiedono una maggiore apertura
Stante la situazione, i sindacati sembrano aver apprezzato la proposta arrivata dal Governo, pur considerandola ancora inadeguata perché non sufficientemente inclusiva. Tra le richieste in arrivo c'è la creazione di un'integrazione al minimo simile a quella già disponibile per le Pensioni calcolate con il sistema misto. In particolare, la proposta attuale esclude di fatto coloro che desiderano accedere alla pensione contributiva anticipata dai 63 anni, che richiede però un moltiplicatore corrispondente a 2,8 volte l'assegno sociale (circa 1400 euro mensili). Le parti sociali chiedono invece di poter abbassare il parametro per poter garantire i prepensionamenti già a partire da due volte il minimo Inps.
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